Che sia il momento più delicato della stagione del Milan è un dato di fatto. Non è la prima volta che lo diciamo e, probabilmente, non sarà nemmeno l’ultima. Certo è che il clima attorno alla squadra, in parte “mortificato” dall’assegnazione dello scudetto sulla sponda opposta del Naviglio, contribuisce a rendere emotivamente instabile un inizio di maggio storicamente “amico” di questi colori. E invece no, stavolta no.
Dal confronto fra Donnarumma e la Curva Sud alle parole perentorie di Maldini all’Ansa, fino a un calendario che più ingarbugliato non potrebbe essere, le sensazioni non sembrano essere le migliori. L’unità sembrerebbe doverosa dalle parti di Milanello, così come la concentrazione. E invece solo oggi, nel giorno libero lasciato da Pioli, abbiamo avuto di che scegliere tra una story di Leao con Saelemaekers versione Fast & Furious e una di Theo Hernandez in stile balneare, passando per un reel polemico di Calhanoglu pronto a zittire i malpensanti.
Milan, fuori gli attributi
Già, “zittire”: l’emoticon di rito sembra particolarmente gettonata dai giocatori rossoneri, come se dovesse essere l’ambiente circostante a dover garantire – attraverso il proprio silenzio – la spinta necessaria per caricare questi ultimi 360 minuti. Più volte ci siamo chiesti in questa sede come l’utilizzo dei social network possa in qualche modo condizionare la concentrazione, la “libertà”, persino l’onestà intellettuale dei giocatori. E non necessariamente per quello che pubblicano tout court, quanto per come i contenuti potrebbero essere interpretati dai (teorici) proprietari del calcio: i tifosi.
Non a caso, insomma, si arriva a situazioni limite come quella del confronto fra Donnarumma e una rappresentanza della Curva. E, sempre non a caso, Maldini sceglie l’Ansa per veicolare parole tanto perentorie quanto tardive, forse. Anche perché è difficile che un tesserato possa aver avuto un confronto con parte del tifo organizzato all’oscuro della società.
Questa maglia non è uno gioco
In tutto questo, domenica prossima sarà tempo di Juve-Milan. Si giocò il 9 maggio anche nel 1999, quando Weah e Boban cucirono una parte consistente dello scudetto sulle maglie del primo Diavolo di Zaccheroni. Un’eternità fa. Con un po’ di coraggio e scaltrezza in più, forse, avremmo potuto vivere scenari analoghi anche quest’anno. O magari sognarli più a lungo. E invece l’Allianz potrebbe addirittura tagliare una delle due pretendenti fuori dalla corsa Champions.
Servirà lo smalto, la luce, la coesione delle settimane migliori. Quelle in cui si scendeva in campo con il solo obiettivo di vincere (e quasi sempre ci si riusciva). Ibra è e sarà fondamentale, è vero, ma non può bastare. A tutti i protagonisti di questa cavalcata importante e controversa, che siano in scadenza di contratto o meno, resta il dovere di onorare una maglia di cui nessuno può e potrai mai prendersi gioco.