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Grazie di tutto Stefano, ma…

Probabilmente il ciclo di Stefano Pioli al Milan è finito. Quel ciclo iniziato nel dicembre 2019 con una sconfitta per 5-0 (in casa dell’Atalanta), si è presumibilmente concluso oggi – poco più di tre anni dopo – con un’altra manita, quella inflitta dal Sassuolo questo pomeriggio in un San Siro che ha rivisto, almeno per novanta minuti, gli spettri degli anni più bui. Il ciclo di Stefano Pioli al Milan è molto probabilmente finito perchè – nella stagione che segue uno scudetto vinto grazie al fatto che ognuno (il mister per primo) ha dato un contributo – il Diavolo ha fallito tre dei quattro obiettivi stagionali già a gennaio, perdendo malamente la Supercoppa Italiana, uscendo dalla Coppa Italia agli ottavi contro un Torino in dieci uomini per un’ora e consegnando lo scudetto allo straordinario Napoli di Luciano Spalletti. Sulla carta resterebbe la Champions League, ma vincerla è praticamente un miraggio, vista la distanza siderale dalle big d’Europa, e dunque oggi – 29 gennaio – i tifosi campioni d’Italia e di uno dei club più vincenti della storia del calcio devono ascoltare il proprio allenatore dire in tv: “Il nostro Scudetto è il piazzamento Champions“.

Pioli, un 2023 da incubo

Nelle ultime tre settimane – e duole dirlo, perchè il trainer parmense ha tutta la stima personale e professionale di chi scrive – Stefano Pioli pare andato completamente in bambola, come se avesse smarrito la bussola. Il mister sembra sempre più in confusione, quasi come se fosse alla ricerca di una soluzione che però non arriva; tra campo e interviste sembra stia andando avanti per tentativi, spesso contraddicendosi in pochi giorni, lui che prima della sconfitta contro la Lazio aveva assicurato di conoscere i problemi di questo Milan, e soprattutto il modo in cui risolverli. Ed invece, sia contro i biancocelesti che contro i neroverdi, che prima ancora nel derby di Riyadh contro l’Inter, si è visto soltanto un Milan depresso nell’animo e deprimente nel gioco.

La cosa più difficile a cui dare una spiegazione è il perchè dell’insistere testardamente su un 4-2-3-1 che ormai ha ampiamente dimostrato (e qui lo si sta scrivendo da settimane) di essere deleterio per il Milan, perché finisce per lasciare voragini enormi a qualsiasi avversario. Per non parlare della gestione dei nuovi: tra chi è arrivato al Milan come uno dei più interessanti prospetti del Vecchio Continente, ed è finito a deprimersi in panchina (oggi tolto all’intervallo come il peggiore dei capri espiatori); chi, nonostante le buone prestazioni nei pochi spezzoni concessi, non ottiene la fiducia dell’allenatore; e chi il terreno verde non lo ha visto praticamente mai. Il tutto per veder puntualmente in campo giocatori che non stanno certamente dando un apporto consistente alla causa.

Infine gli infortuni: a detta di Stefano Pioli non sono un caso da montare, ma rientrano nella normalità delle cose. Non è così, perchè da tre anni a questa parte al Milan i calciatori fanno avanti e indietro dall’infermeria, quasi sempre per problemi muscolari: non può essere solo la sfortuna o il calendario intasato, ma piuttosto testimonianze evidenti che più di qualche errore nella preparazione e nella quotidianità delle sedute di allenamento è stato compiuto.

La separazione è necessaria

Che sia adesso (molto difficile) o a fine stagione, dunque, le strade di Stefano Pioli e del Milan dovrebbero forse in ogni caso separarsi, nonostante in autunno sia stato firmato un rinnovo da quattro milioni a stagione fino al 2025. Lo scudetto vinto otto mesi fa ha fatto esultare tutti noi, e di questo a mister Stefano saremo sempre grati, ma ciò a cui stiamo assistendo in questa annata non deve rischiare di trasformarsi nell’inizio di una nuova “banter era”. Ah, un’ultima cosa: basta con il “Pioli is on fire” prima delle partite a San Siro. Al momento sembra solo un ulteriore assist ai tifosi avversari, che non vedevano l’ora di tornare a prenderci in giro…

Twitter: @Juan__DAv

Milan: Stefano Pioli (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Milan: Stefano Pioli (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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