La rinuncia di Christian Pulisic alla convocazione per la Gold Cup ha generato un polverone negli Stati Uniti, con il ct Pochettino che ha espresso pubblicamente il proprio disappunto e una parte dell’opinione pubblica pronta a mettere in discussione l’impegno del fantasista del Milan verso la maglia a stelle e strisce. Eppure, da questa parte dell’oceano, la scelta di Pulisic appare tutt’altro che discutibile: è anzi un segnale maturo, coerente e soprattutto funzionale al progetto rossonero. Dopo una stagione logorante, chiusa con 50 presenze e un ruolo centrale nella risalita milanista in campionato e nella vittoria della Supercoppa, il numero 11 ha preferito fermarsi per ricaricare le pile.
Una decisione razionale, più che emotiva, in vista di un’annata 2025/26 che vedrà il Milan impegnato in una rinascita che avrà bisogno del suo Capitan America. Ciò che colpisce è il messaggio implicito nella scelta: Pulisic, a soli 26 anni, si comporta da veterano. Non cerca copertine estive, non si mette in mostra a tutti i costi, ma guarda lontano, pensando a sé stesso e al club che lo ha rilanciato ad altissimo livello. Arrivato da Londra come un’incognita, ha conquistato San Siro con continuità, dedizione e prestazioni da leader silenzioso. Oggi il Milan non è solo il club che lo ha rigenerato: è la squadra a cui vuole appartenere stabilmente. L’America lo accusa di egoismo? In realtà è una questione di lungimiranza. Per tornare al top nel 2026, quando gli USA ospiteranno il Mondiale, Pulisic sa che il suo corpo ha bisogno di equilibrio, gestione e programmazione.
In Italia, questa cultura del dosaggio viene sempre più valorizzata, meno altrove. Buon per “noi”. Per il Milan, questa estate a riposo rappresenta una piccola grande vittoria invisibile. Non solo perché garantirà ad Allegri un giocatore riposato già dai primi giorni di ritiro, ma anche perché restituisce alla squadra un calciatore sempre più centrale, consapevole e legato al progetto. Il Pulisic visto nell’ultima stagione è stato incisivo, ma con margini ancora da esplorare: ora, con una preparazione interamente programmata a Milanello e senza le interruzioni delle convocazioni internazionali, può davvero esplodere anche in termini di numeri e leadership. La sua è una decisione impopolare negli Stati Uniti, ma in chiave Milan assume i contorni di un regalo prezioso. Christian non ha solo scelto di fermarsi. Ha scelto, ancora una volta, il Milan.
