HomeIn evidenzaConfusione tattica e disorientamento. Quando lo sperimentare diventa forma di integralismo

Confusione tattica e disorientamento. Quando lo sperimentare diventa forma di integralismo

Confusione tattica, giocatori, quasi tutti, schierati in ruoli diversi da quelli dove renderebbero al meglio, disorientamento generale che ha portato la squadra ad uscire dal campo e dal terzo obiettivo stagionale su tre. Il Milan che cede all’Atalanta, a San Siro, ai quarti di finale di Coppa Italia, lo fa palesando sempre i soliti errori, i soliti limiti, quelli che ormai da un anno a questa parte si porta dietro, su cui non si riesce a rimediare, anzi si insiste quasi come ci fosse un diabolico sadismo di fondo in tutto ciò. Dopo un primo tempo discreto in cui la squadra domina nella prima mezzora, anche se riuscendo a costruire poco o nulla e non essendo quasi mai pericolosa, l’Atalanta esce fuori, si rende tre volte pericolosa nella seconda parte del primo tempo e poi banchetta nel secondo, andando più volte, almeno cinque, vicina al gol dell’1-3 che avrebbe chiuso anzitempo partita e discorso qualificazione. Quasi ininfluente, purtroppo, alla fine dei conti, è stato il gol di Rafa Leao, arrivato dopo una splendida azione in combinazione con Theo Hernandez e un gran tiro di controbalzo che si è andato ad addormentare alle spalle dell’incolpevole Carnesecchi. Da lì in poi, purtroppo, al netto di due discutibili discussioni arbitrali, il Milan non c’è stato più e, come spesso è accaduto in questa stagione, ma anche nella seconda parte di quella scorsa, è stato in balia degli avversari, rischiando l’imbarcata e in mezzo ad una confusione tattica e mentale davvero imbarazzante.

Cambiamenti che diventano confusione tattica, addio certezze

Milan: Stefano Pioli (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Milan: Stefano Pioli (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

Il Milan che si è visto nel secondo tempo farebbe impallidire anche i peggiori Milan degli ultimi quindici anni e ne abbiamo visti davvero tanti, tra limiti tecnici e confusione tattica. Calciatori che vagano per il campo non avendo un ruolo ben preciso, una reazione inesistente, se non nel cadere nelle provocazioni di arbitri ed avversari e in falli stupidi, banali e inutili, attacchi confusionari e senza una base logica e tanta, ma davvero tanta improvvisazione. Quello che era e sembrava essere il punto forte di Mister Pioli, ora forse è diventato il suo punto debole, il suo enorme Tallone d’Achille. Eh già, perché studiare, evolversi, sperimentare, provare sempre tattiche, formazioni e moduli nuovi va bene ed è alla base del calcio moderno, ma ogni tanto bisognerebbe anche ricordarsi di fare le cose semplici, schierare i calciatori nei propri ruoli per farli rendere al massimo e trarne il meglio di ciascuno di loro, invece di cercare sempre l’invenzione tattica fine a sé stessa. E così, lo sperimentare per cercare di non dare più certezze e punti di riferimento agli avversari, diventa confusione tattica e i punti di riferimento, le certezze, ma anche tutto il resto finisce per mancare agli stessi calciatori del Milan. Ad inizio stagione si elogiava Pioli ed il suo tentativo di evolversi tatticamente, con Calabria e Theo Hernandez che venivano in mezzo al campo, quasi a fare le mezzali e i centrocampisti veri e propri che agivano larghi sulla fascia. La cosa ha funzionato per un po’, poi ha creato confusione tattica ed ora è diventata paradossalmente controproducente.

Confusione tattica e integralismo al contrario, Pioli schiavo del suo personaggio

Milan: Stefano Pioli (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Milan: Stefano Pioli (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

Theo perennemente ormai centrale di difesa, anche quando serve attaccare per riprendere il risultato e servirebbe farlo giocare nel suo ruolo naturale (in cui forse è stato impiegato solo nel recupero); Jimenez lasciato allo sbaraglio e lanciato anche in sfide più difficili di quanto potevano essere quelle contro Cagliari ed Empoli; Simic, che è sembrato il più pronto tra i giovanissimi, continua a far panchina a tutti i centrali, anche quello inventati, che si hanno a disposizione; Musah larghissimo a destra con Reijnders lasciato da solo ad impostare e interdire e Loftus-Cheek sempre altissimo; Pulisic forzatamente accentrato quando le cose migliori le fa e le ha fatte largo sulla destra. Insomma, solo a scriverlo mi gira la testa. Immaginate cosa succede nelle menti di chi deve poi scendere in campo e si trova a cambiare, partita dopo partita, anche a gara in corso a volte, mansioni, ruoli e posizioni in campo in mezzo ad una confusione tattica imbarazzante. E, va bene, il calcio moderno sarà anche scevro da ruoli e compiti fissi ed ognuno deve essere in grado di fare più o meno tutto, ma così si rischia di esagerare e di creare soltanto quella confusione tattica che ormai troppo spesso si nota nelle partite del Milan. Pioli ha perso la sua proverbiale umiltà che, durante le prime stagioni, gli ha permesso di vincere, far giocare bene la squadra e far rendere al meglio anche calciatori limitati tecnicamente. Ora, sembra che anche quando studia per innovare e rivoluzionare, lo fa con quella presunzione che non gli permette di ammettere gli errori e di ritornare sui propri passi. Sembra schiavo del suo personaggio e dello sperimentare sempre e comunque, quasi come unica ragione di vita, lo sperimentare a prescindere che diventa integralismo al contrario. E così, intanto, la squadra non riesce a mantenere e/o a difendere un risultato di vantaggio, affonda alle minime difficoltà rischiando – e a volte subendo – imbarcate clamorose e a inizio gennaio è fuori da tutto. Qualcuno dovrà pur darne conto.

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