Si è riaperta la corsa alla panchina del Milan, con buona pace di Stefano Pioli. È diventato un testa a testa tra Ralf Rangnick, dato per certo fino a qualche settimana fa, e Luciano Spalletti, con i rossoneri al terzo tentativo.
L’usato sicuro
Il toscano è un nome che dà garanzie. Conosce bene il campionato e soprattutto è abituato a rispettare gli obiettivi prefissati. Per ben undici volte ha portato le proprie squadre in Champions League. Le ultime due con l’Inter sono arrivate negli ultimi dieci minuti dell’ultima giornata di campionato, ma quello che conta nel calcio è sempre il risultato. Prima ci riuscì con la Roma, tra il 2005 e il 2009, a cui aveva trovato un assetto in grado di esaltare i palleggiatori e gli incursori giallorossi, impreziosito dal genio di Totti. Poi di nuovo alla seconda esperienza tra gennaio 2016 e giugno 2017.
Sempre con lo stesso credo tattico: il 4-2-3-1. Il modulo che sta utilizzando ora Pioli al Milan e l’arrivo di Spalletti darebbe continuità esaltando ancora le caratteristiche degli esterni Castillejo e Rebic e cucirebbe definitivamente addosso a Calhanoglu il suo ruolo preferito, il trequartista. La prima punta rimane un rebus con Ibra ancora indeciso sul suo futuro.
Il progetto per il futuro
Rangnick al Lipsia ha impostato la squadra con un 4-4-2, fatto di esterni veloci e pressing in avanti, quel Gegenpressing che ha ispirato anche Jurgen Klopp. È un allenatore che sa valorizzare i giovani, da Timo Werner ariete di quel Lipsia, a Erling Haaland giovane scoperto e portato al Salisburgo, dato che Rangnick è l’uomo sport dell’azienda austriaca. Un calcio di idee e giovani, forse non adatto al breve periodo in un campionato tosto come la Serie A, ma sicuro di prospettiva se il Milan concedesse finalmente tempo a un suo allenatore.
Dunque il bivio. Cercare di raggiungere la Champions subito con una squadra a pieno potenziale o impostare un progetto a lungo termine che possa anche espandersi. Ivan Gazidis deve risolvere questo cruccio.