Da settimane ormai uno degli interrogativi più ricorrenti è cercare di capire quanto il Milan sia dipendente o meno da Zlatan. Posto che non riteniamo ci sia nulla di strano nell’esser condizionati nel gioco da un calciatore così totalizzante, osserviamo situazioni simili un po’ in tutte le squadre di vertice, ed è naturale che giocatori con caratteristiche marcate, influenzino il modo di stare in campo di una squadra.
Tuttavia per il Diavolo il discorso tende ad esser più marcato e conseguentemente ogni partita senza Ibra diventa un esame. Quella di ieri è stata la seconda partita del secondo ciclo senza lo svedese e i rossoneri l’hanno affrontata in modo diverso dalla trasferta di Lille di pochi giorni fa, dove il 4231 era stato più classico, con i tre giocatori dietro alla punta maggiormenti stabili nelle zona di competenza, ovvero Hauge a sinistra, Calha centrale e Castillejo a destra. Con la Viola questa ‘staticità’ nelle posizioni coperte dagli offensivi l’abbiamo vista molto meno.
Nella sfida con la Fiorentina il Milan ha tentato di evolvere tatticamente per sopperire alla mancanza di un giocatore in grado di esser un riferimento centrale e ha interpretato la gara in modo più mutevole. Pochissimi le certezze per i difensori avversari e molto movimento. Rebic scivolava più spesso verso la mancina per liberare spazio centralmente, dove si è buttato dentro spesso benissimo Saelemaekers, con Calhanoglu e Diaz più bassi a rifinire.
Tutto sommato ha funzionato, sono arrivate occasioni verticali in aerea di rigori nelle azioni di ripartenza e discreti tiri da fuori nelle azioni più manovrate contro difesa schierata. E’ pertanto un’interessante soluzione in contumacia Ibra e Leao, ma snatura un po’ alcuni interpreti, specie Ante che si applica tantissimo ma è meno coinvlto. Più semplice forse tornare al vecchio spartito, che seppur più facile da leggere per gli avversari, dà più soluzioni offensive e permette di creare più expected goals. Di necessità virtù insomma, in attesa che rientri quantomeno Rafael.