A volte si esagera con la retorica, altre si abusa della frase anche quando a poco senso. “Cerchiamo prima uomini e poi calciatori”. Ecco, quante volte abbiamo sentito questa frase, letto o ascoltato questa dichiarazione da allenatori, dirigenti o proprietari di squadre di calcio. Sarà capitato a tutti, insomma, ma c’è chi, come il Milan, su questo concetto non fa soltanto una questione di bandiera da sventolare, a volte anche in maniera ipocrita e retorica, ma ne fa un vero e proprio principio e valore su cui costruire la propria rosa e darla in mano all’allenatore di turno.
Tra i tanti meriti di Paolo Maldini e Ricky Massara, di questi tre anni, ci sarebbe anche questo. La ricerca dell’uomo, della figura pulita, leale che può costruire rapporti sani all’interno dello spogliatoio e far crescere ulteriormente la squadra. Il merito del Milan di questi anni, infatti, è stato proprio questo ed i risultati si sono cominciati ad intravedere, ancor di più, quando si è scelto di rinunciare, in maniera forzata o volontariamente, ad alcune individualità ingombranti e molto individualiste (Suso, Paqueta, Calhanoglu), per far spazio a uomini che mettano la squadra al centro di tutto.
Da Giroud a Florenzi, da Magnain a Origi. Prima uomini, poi calciatori

La selezione che viene fatta alla base da Maldini e Massara, quindi, è questa. Prima uomini, poi calciatori, prima il gruppo, poi se stessi. Il comportamento, a volte anche al di fuori dello spogliatoio, ma sicuramente soprattutto all’interno, è una discriminante non meno importante rispetto a doti tecniche e atletiche. Maignan, Florenzi, Giroud, solo per citare alcuni degli elementi arrivati nella scorsa stagione e che hanno contribuito a cementare ancor di più il gruppo e l’ambiente Milan, a farlo crescere e a farlo diventare forte e vincente.
Gente che in passato ha già vinto, ha fatto esperienza internazionale e che può dare una mano ai giovani, certamente nel farli diventare vincenti e migliori come calciatori, ma prima di tutto dando l’esempio dal punto di vista comportamentale e contribuendo a farli diventare uomini in tutto e per tutto. Stesso discorso, almeno da quello che si narra e si dice, vale per Divock Origi, già vincente al Liverpool e altro tassello importante per far crescere ancor di più il gruppo a disposizione di Pioli. Gruppo che resta relativamente giovane, ma che negli ultimi anni, proprio con l’aggiunta di tasselli d’esperienza, ha acquisito maggiore consapevolezza e fiducia.
Uomini prima che calciatori, una strada tracciata da Zlatan

Discorso che, ovviamente, vale anche e soprattutto per Zlatan Ibrahimovic. Questa mentalità, questo credo, questi diktat all’interno dello spogliatoio, insomma questo percorso che ha portato allo Scudetto, probabilmente, è cominciato proprio dal suo arrivo. Proprio lui che per anni, durante la sua leggendaria carriera, è stato tacciato di pensare solo ai suoi interessi, di non giocare per la squadra, di non alzare il livello dei suoi compagni ma, anzi, deprimerli, tra urla e gestacci. In parte, forse, questo è anche vero, o perlomeno lo è stato nei suoi primissimi anni di carriera.
Lo Zlatan Ibrahimovic arrivato al Milan nel gennaio 2020, però, era ormai già un campione maturo, consapevole e che aveva raggiunto quasi tutti gli obiettivi che per il 99% dei calciatori sono impensabili. Insomma, uno Zlatan che rappresenta al meglio la formula “prima uomini, poi calciatori”, e che è stato il motore che ha fatto partire la macchina guidata da Pioli, sotto la regia di Maldini e Massara. Macchina composta da un gruppo stupendo che è arrivato a vincere un titolo da sogno, su cui nessuno, almeno fino a qualche mese prima, ci avrebbe scommesso un euro.