HomePrimo PianoCalhanoglu, tre stagioni da 10 estremamente duttile

Calhanoglu, tre stagioni da 10 estremamente duttile

Una stagione alquanto travagliata. Il cambio di allenatore, controversie societarie e per finire l’emergenza Coronavirus. 6 mesi travagliati ma soprattutto, dal punto di vista del campo, discontinui. Durante il campionato abbiamo assistito a molti up and down da parte di parecchi giocatori, alcuni di loro finiti poi alle porte. Sono i casi di Suso e Piatek, le cui cessioni ad Agosto sembravano fantascienza. Lo spagnolo in questi mesi non ha mai brillato, a parte una perla su calcio di punizione contro la Spal, mentre Kris, dopo un avvio colmo di critiche poi smentite con due reti ravvicinate, si è spento di nuovo, colpendo solamente contro Lecce e Bologna. Di esempi ce ne sarebbero molti altri, passando ad esempio per Leao e Bennacer, ma concentriamoci invece su un caso molto particolare, Hakan Calhanoglu. Questa è la terza stagione al Milan del numero 10. E, purtroppo, in nessuna delle tre è mai avvenuto quel salto di qualità che tutti si aspettavano. Il turco ha cambiato diversi allenatori e posizioni in campo, mostrando anche buone cose ma non riuscendo mai ad incidere veramente da top player, come invece ci si augurava dopo il suo arrivo, nell’estate 2017, dal Bayer Leverkusen.

SACRIFICIO – Dopotutto, esplodere nel Milan di oggi non è affatto semplice. I repentini cambiamenti di allenatore non favoriscono i calciatori, che sono continuamente soggetti a nuove idee tattiche, concetti di gioco, eccetera. In qualsiasi momento si può passare ad essere ai margini del progetto perché ritenuti non funzionali (vedi Ibrahimovic nel caso di approdo di Rangnick) oppure essere ceduti proprio perché esplosi e dunque con tanto valore di mercato (vedi Donnarumma, al netto delle problematiche d’ingaggio). Senza dubbio Hakan pecca un po’ sul piano del carattere e dell’autostima, motivo per cui Gattuso se lo è tanto coccolato, soprattutto nei momenti in cui il numero 10 era il bersaglio principale delle critiche. Spesso si è parlato di addio, tuttavia mai arrivato. Da una parte le difficoltà del turco sono comprensibili: in tre anni è passato da Montella a Gattuso, passando poi per Giampaolo ed infine Pioli. Tutti tecnici con idee diverse e non è un caso che, anche in questa stagione, Calhanoglu ha interpretato più di una posizione diversa nel rettangolo di gioco. Si è sempre messo a disposizione di tutti gli allenatori, non brillando con continuità ma dimostrando grande spirito di sacrificio.

QUATTRO VESTI – Le qualità principali di Calhanoglu sono l’ottima tecnica, il tiro ed una buona velocità. È abile in entrambe le fasi, anche se tra le sue corde non troviamo il “guerriero di centrocampo” che invece contraddistingue Bennacer. Questo spiega perché, con Giampaolo, non abbia funzionato l’esperimento come playmaker. La tecnica c’è però il turco ha bisogno di giocare il più possibile vicino allo specchio della porta per sfruttare la sua qualità di tiro e servizio dei compagni mentre il regista è un compito più difensivo, basato sulla gestione e la copertura. Mezz’ala come nel derby d’andata? Bene ma non benissimo. Questa posizione gli permettere di sfruttare la sua tecnica per far viaggiare gli esterni e la punta oltre a garantirgli sufficiente spazio per provare la conclusione, ma allo stesso tempo richiede grande sacrificio e nei 90 minuti costa sul piano della lucidità. Ecco perché le due migliori ipotesi sono l’esterno d’attacco nel 4-3-3 o il trequartista nel 4-2-3-1. Nel primo ruolo è stato impiegato molto da Gattuso. Miglior tiratore del campionato assieme a Cristiano Ronaldo per quantità, reti molto pesanti come a Bergamo e Firenze ma soprattutto attento anche in fase di copertura, caratteristica mai appartenuta invece a Suso, l’altro esterno nel tridente. Probabilmente le cose migliori si sono viste negli ultimi mesi, quando Pioli ha deciso di schierarlo alle spalle di Ibrahimovic. In questo modo Hakan ha la possibilità di impedire la costruzione di gioco dal reparto arretrato tramite il regista, come nel derby, servire negli spazi Rebic e Castillejo e rifinire per la prima punta. O arrivare al gol come in Coppa Italia contro il Torino. Tra l’altro, Calhanoglu è solo un esempio dei diversi calciatori rivitalizzati dall’arrivo di Stefano Pioli.

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