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Albertini: “Il Milan per vincere dovrà ripetere la stagione straordinaria. Mi aspetto una squadra spavalda anche in Champions”

Domani sarà il suo 50esimo compleanno e Demetrio Albertini, alla vigilia di questo grande giorno si è raccontato alla Gazzetta dello Sport. Una vita trascorsa al Milan con 293 presenze e 21 gol prima di vestire le maglie di Atletico Madrid, Lazio, Atalanta e Barcellona. Oggi ricopre il ruolo di presidente del settore tecnico federale.

Volevo fare l’allenatore – ha detto – ma quando avevo iniziato a studiare, nel 2006, è arrivata la chiamata della FIGC. Ero iscritto al corso Uefa A dopo aver superato il B, ma mi fu proposta la carica di vicecommissario in Federcalcio e accettai. Calciatori e allenatori sono la poesia, i dirigenti la prosa. Ho scelto la seconda strada e sono felice. Ogni tanto penso a come sia cambiato il ruolo degli allenatori, sono sempre più manager, gestori di aziende nelle aziende: sarei potuto essere un buon allenatore. Modulo preferito? Il 4-2-3-1. Ho giocato sempre nel 4-4-2 e penso che il 4-2-3-1 sia la sua evoluzione ideale. Ci sono i triangoli perfetti di cui parlava Cruijff ma anche le coperture all’italiana. Gli allenatori con cui ho avuto più feeling sono sicuramente Sacchi che è stato un insegnante e Capello, un gestore“.

I 5 momenti più belli della mia vita calcistica? – continua Albertini – L’oratorio di Villa Raverio dove ho iniziato a giocare, l’esordio in Serie A a 17 anni, lo scudetto, la Champions e la finale dei mondiali nel 1994, la partita di addio ed il percorso da dirigente sportivo. La FIGC mi ha dato la possibilità di donare a un mondo dal quale ho avuto tanto. Le vittorie più belle sono state sicuramente quelle del 1994 e lo scudetto del 1999, talmente inaspettato che festeggiammo per dieci giorni. La partita indimenticabile? Il 4-0 al Barcellona nella finale di Atene ed un 3-3 sempre con il Barcellona a San Siro dove feci doppietta. Rigiocherei la finale di Champions con il Marsiglia nel 1993 e quella di Euro 2000“.

I giocatori più forti con cui ho giocato sono Van Basten e Maldini, gli avversari Ronaldo il Fenomeno e Zidane. Rijkaard il partner ideale, straordinario, con Desailly formavamo una grande coppia, Boban era il meno continuo ma il più completo in assoluto. Con Maldini, Costacurta e Ambrosini ci sentiamo spesso e sembra di stare ancora in squadra insieme. Altri grandi amici sono Sheva e Puyol. Penso di aver litigato praticamente con tutti i miei tecnici. Sacchi, Capello, Mancini, Trapattoni, Cesare Maldini, ho un piccolo record. Non ero spigoloso, ma quando nasceva un problema chiarivo discutendo. Noi due soli nello spogliatoio. Poi uscivo ad allenarmi. Lo scontro più duro l’ho avuto con Ancelotti. Una volta gli dissi ‘Non voglio fare l’allenatore perché non vorrei diventare come te’. Ovviamente tutto chiarito. Carlo è il numero uno, è stato il mio maestro, a 20 anni andavo a pranzo da lui e mi trattava come un fratello. La sofferenza passa, l’aver sofferto mai: meglio discutere e risolvere che covare rancore“.

Il Milan – conclude – mi ha fatto crescere come calciatore e come uomo. Mi ha visto entrare cucciolo e mi ha salutato 30enne affermato, sposato, padre. Io insieme ai miei compagni ho dato credibilità al progetto: abbiamo creato un senso di appartenenza fondamentale per arrivare in cima al mondo. Circa 15 di noi erano milanesi cresciuti nel settore giovanile…Che orgoglio. Nuovo Milan? Voglio stupirmi ancora. Domani fa il suo esordio contro la Samp che è la squadra a cui ho segnato più gol in carriera (5). Mi aspetto una squadra spavalda anche in Champions, come l’Atalanta in questi anni. Sarà un campionato incerto. Juventus e Inter sono leggermente davanti ma tutto è possibile. Il Milan per vincere dovrà ripetere una stagione straordinaria. Sul mercato si sono mossi bene, ma spero non sia finita qui. Mancano un trequartista e un mediano. Ibra e Giroud? Per spezzoni di partita possono coesistere. Florenzi può giocare in più posizioni, Bennacer è un ottimo giocatore ma ha caratteristiche diverse dalle mie. Kessie? Il mercato lo danno sempre più le scadenze di contratto. Leggo la scelta di Tonali di ridursi lo stipendio come una scelta ambiziosa: se ho paura di non impormi, mi tengo l’ingaggio che ho. Lui invece ha deciso diversamente. Pellegri? Bisogna iniziare a costruire qualcosa per il dopo Ibra“.

Demetrio Albertini - Milanpress, robe dell’altro diavolo
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