L’intervento ai microfoni del Financial Times, ieri, in quel di Londra in occasione del “Business of Football Summit“, di Gerry Cardinale ha creato scalpore nell’ambiente rossonero. Uno scalpore, si può dire “quasi positivo“, perché dopo oltre un anno e mezzo di proprietà non si era mai rivolto in questo modo verso i tifosi della società di cui possiede le quote: il Milan.
I rossoneri inoltre, apprezzano il fatto di aver finalmente fatto chiarezza sul ruolo che Ibrahimovic ricopre, o meglio ricoprirà. Questo è stato un anno di osservazione e comprensione del lavoro in ogni suo più nascosto aspetto, ma dall’anno prossimo si farà sul serio.
Il numero uno di RedBird poi, non ha nascosto la sua ammirazione verso lo svedese, tanto da dedicargli queste parole al miele: “Zlatan mi permette di stare negli Stati Uniti, ma essere sempre presente a Milano. Lo abbiamo assunto, è un partner operativo di RedBird, mi rappresenta a Milano. Parliamo tanto durante la giornata, – continua poi Cardinale – ha l’autorità di essere la mia voce ai giocatori, allo staff e tutti a Casa Milan. È molto importante, così come la sua credibilità ai loro occhi. Il modo in cui riesce a parlare ai giocatori con la voce della proprietà è unico“.
DAL CAMPO AGLI UFFICI: IL SOLITO IBRA PLENIPOTENZIARIO
Zlatan Ibrahimovic ha sempre parlato tanto, si è creato un personaggio che amava essere sempre in mostra e fare il cattivo ragazzo. Eppure, non sempre chi parla tanto sa mantenere alte le aspettative, ma Ibra no, è sempre stato diverso. Lui parlava, non perché era insicuro e voleva farsi vedere migliore di altri, lui parlava (tanto) perché era talmente sicuro e certo dei suoi mezzi, che in realtà la sua era brutale onestà, e non presunzione.
Sin dalla prima volta al Milan (2010), è stato un generale: in campo dettava legge e guai a non ascoltarlo. Però, aveva la credibilità di essere uno dei migliori al mondo, e sarebbe stato da stolti non seguirlo. Nel 2012 è stato poi mandato via (lui voleva rimanere) per fare cassa, ma l’attrazione dai colori rossoneri è stata troppo forte e, nel 2020, riesce a tornare a Milano.
Ritrova un Diavolo ferito, senza forze, privo di consapevolezze e quasi senza più emozioni. In pochi mesi (senza contare il periodo di stop del campionato causa pandemia di Covid-19) riprende i pieni poteri – che gli spettavano – in mezzo al campo e rivitalizza i suoi nuovi compagni. Il Milan riesce ad accedere ai preliminari di Europa League a fine stagione e da li è iniziata una scalata conclusasi nel 2022 con lo scudetto.
La decisione del suo ritiro arriva alla fine della stagione 2023, dove il fisico gli ha detto “Basta Zlatan“. Il saluto a San Siro è stato commovente, ma già sapeva che non sarebbe stato un addio, ma solo un arrivederci. Neanche un anno dopo, difatti, Ibra è di nuovo in azione: questa volta senza maglietta, pantaloncini e scarpette, ma al suo posto un abito non troppo elegante, ma che gli sta da Dio (come ama definirsi).
È cambiato il ruolo si, ma non la sostanza. Come accennato inizialmente, lo svedese acquisirà neanche troppo lentamente pieni poteri, oltre che piena fiducia da Cardinale. Nessuna novità quindi, comandare per lui è sempre venuto naturale, e tutti gli auguriamo di fare ancora meglio da dirigente che da calciatore. Ma si sa, lui punta a quello: migliorarsi, sempre.
