Tra i tanti che in questi giorni hanno ricordato Seid Visin – da Donnarumma a Filippo Galli, passando per Locatelli – il ritratto più nitido del ragazzo ventenne morto suicida lo scorso giovedì lo dipinge Stefano Nava, suo allenatore ai tempi delle giovanili del Milan. In una lunga intervista al Corriere della Sera ha spiegato perfettamente chi era Seid Visin: “Quando ho letto un messaggio di un amico che mi dava la terribile notizia “Seid è morto”, sa cosa ha pensato? Il mio primo impulso non è stato quello di collegare la scomparsa a un infarto ma immediatamente avevo temuto un suicidio. Posso ritenermi fortunato di essere stato il suo tecnico. Lui era diverso dagli altri, aveva una cultura e una sensibilità fuori dal comune. Lei quanti adolescenti conosce che adorano leggere? Per darle l’idea, lui era appassionato dei classici. Omero, Dostoevskij, Victor Hugo“.
Nava prosegue su Visin: “Seid era dotato di uno straordinario talento che non ha saputo gestire. Mi spiego: a quell’età per imporsi non bastano le doti tecniche, che lui possedeva ed erano eccelse, ma è necessario assimilare concetti tattici, aumentare le conoscenze del calcio, avere una sorta di “cattiveria” che a lui è mancata. Era introverso, non partecipava alla vita di gruppo. Era come se non fosse adatto a questo nostro mondo. Era appassionato di moda, tanto che aveva dei look sempre originali. Studiava le lingue, era esperto di musica, frequentava musei. Aveva una continua sete di sapere. In effetti ero convinto che se nella vita avesse avuto la chance di sfondare non sarebbe avvenuto in campo sportivo, bensì in quello artistico. Ad essere sincero non so se dietro il suo gesto ci siano motivazioni legate al razzismo o all’abbandono. Però un allenatore ha anche il dovere di percepire la presenza di un malessere, e io non posso negare di aver sempre avuto la sensazione che lui fosse divorato da demoni interiori“.