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Udinese-Milan: qualcosa è cambiato. Il caso Maignan, le sliding doors, Pioli che fa 100 e… Mark Twain

Il Milan supera l’Udinese col risultato di 2-3, ottenendo un successo importante per la classifica, consolida il terzo posto e potrebbe aver aperto un piccolo spiraglio per qualcosa di più ambizioso. È certamente presto per definire svolta quella di Udine, sarà il futuro che darà i suoi verdetti in merito. Però non si può chiudere gli occhi sulla vittoria, che ad un certo punto era talmente insperata da sembrare utopia.

Il Milan per la seconda volta in stagione in campionato dopo Genova, lontano da San Siro, è riuscito a strappare i 3 punti all’avversario più con la voglia, le unghie e i denti che con il comando del gioco. E per la seconda volta in questa Serie A è riuscito a vincere una partita da situazione di svantaggio dopo Cagliari. In precedenza, vi era riuscito in Champions League, contro PSG in casa e contro Newcastle in trasferta. Segnali importanti quindi dalla squadra di Pioli, col solo timore che questi progressi dal punto di vista psicologico e dell’autostima, potrebbe essere forse troppo tardi.

Gli insulti a Maignan, obbiettivo raggiunto

Si sta parlando molto, e giustamente, di quanto accaduto a Magic Mike Maignan nel corso della partita contro i friulani e ancora se ne parlerà nelle prossime ore. La Procura federale è al lavoro per identificare i fautori di questo episodio vergognoso e benché nessuno pensi che la società bianconera sia connivente con questi minus habens, è difficile immaginare che non le verrà comminata una sanzione. C’è però un aspetto, che nella scala di valori del vivere civile ha minore importanza, ma che ha certamente avuto un grosso impatto a livello sportivo.

Gli insulti razzisti a Maignan avevano lo scopo di turbare lui e innervosire il Milan: ebbene, obbiettivo raggiunto. I rossoneri, che fino a quel momento avevano disputato una buonissima mezz’ora di gioco, dopo i 5 minuti di sospensione hanno smarrito il bandolo della matassa, disunendosi e faticando a produrre azioni pericolose per tutto il resto del match. Nonostante sul gol di Samardzic non vi siano responsabilità del portierone francese, bastava guardarlo in faccia per capire quanto fosse ancora scosso. E così i Milan, che da quel momento chiude i rubinetti del palleggio fluido, che diventa al contrario tortuoso e ostico come un codice morse e subendo una seconda rete incredibile: Theo sembra non sapere che fare con la palla tra i piedi in piena area, così si fa soffiare la sfera da Thauvin che da distanza ravvicinatissima non deve fare altro che centrare la porta.

Qualcosa è cambiato

La trasferta di Udine sembrava essere la replica di altre partite disputate lontane dal Meazza: Bergamo, Lecce, Salerno e se vogliamo anche Napoli. Sfide che sono costate tra i 5 e i 7 punti, quelli che di fatto determinano per buona parte l’attuale distacco dal duo di testa. In tre di questi quattro match il Milan non era stato capace di consolidare o conservare il vantaggio ottenuto, perdendo la bussola del gioco e subendo il ritorno degli avversari. Contro l’Udinese, col passare dei minuti, il copia e incolla sul ruolino di marcia appariva sempre più probabile. Invece la squadra di Pioli questa volta non ci sta a scriversi da sé un finale amaro, abbandonandosi a destino avverso che avrebbe avuto sempre più le sembianze di una profezia che si autoavvera.

I gol di Jovic e Okafor, entrambi felici esiti di azioni con mischie, deviazioni e rimpalli, sono le figurine commemorative di un successo che secondo il moderno Garzanti del pallone, viene definito sporco. A caldo i commentatori tv si sono affrettati a definire Udinese–Milan una partita divertente e spettacolare. La realtà è che è stata una partita tecnicamente non ricchissima, certamente molto combattuta, anche se il bel calcio è tutta un’altra cosa. Ma è proprio per questo motivo che la vittoria del Milan vale molto più di 3 punti. Se il pubblico di San Siro aveva già assistito a vittorie ottenute in stile Juventus, ovvero con il minino scarto e a seguito di una prestazione non brillantissima, come ad esempio avvenuto con il Sassuolo, contro la Fiorentina o il Verona, in questa stagione lontano dalle mura amiche non era mai arrivato un successo senza il conforto del gioco.

Ecco perché questa vittoria sembra avere le stigmate della svolta, dell’episodio che può cambiare la stagione. Perché questa squadra magari non è la più forte del lotto, ma è certamente superiore a livello tecnico di quella che due stagioni orsono conquistò il titolo tricolore. E se questo gruppo dovesse recuperare fiducia nei propri mezzi e coesione, qualità che hanno caratterizzato le vittorie e i momenti più felici della gestione Pioli, la striscia successi e risultati positivi potrebbe allungarsi. E poi chissà…

Sliding doors

La vittoria di Udine potrebbe essere paragonata, a grandi linee, al successo sulla Juventus per 4-2 che nel campionato 2019/20 cambiò totalmente l’avvenire e gli orizzonti del Milan di Pioli, che da allora innestò la marcia superiore e nelle stagioni successive non uscirà più dall’élite del calcio nazionale e si siederà stabilmente nel salotto buono del grande calcio europeo. Ma su quello stesso campionato gli effetti di quel successo furono in un certo senso esigui, perché nonostante il cammino divenne ricco di vittorie, i distacchi dalle prime erano ormai troppo ampi per essere colmati.

Udine è un campo tradizionalmente ostico, dove negli ultimi 20 anni agli 8 successi milanisti fanno da contraltare le altrettante sconfitte, una enormità. Anche per questo motivo la rimonta di ieri sera non può essere sottovalutata. Ma anche qualora questa partita fosse una sliding door, è difficile immaginare al momento che entrambe le fuggitive, Inter e Juventus, possano perdere così tanto terreno nei confronti dei Rossoneri da venire scavalcate. Per questo alla fine potrebbe anche rivelarsi un momento chiave quello del Friuli, ma con impatto limitato sull’esito finale della stagione.

Mark Twain scriveva che la differenza tra realtà e fantasia è che la fantasia deve essere credibile. Così quando Pioli e lo stesso Maignan, a fine partita hanno dichiarato che non bisogna guardare la classifica, hanno perfettamente ragione: in questo momento non ha alcun senso, sarebbe come giocare alla volpe e l’uva. Ci vogliono due mesi a tutta, bisogna arrivare a fine marzo con più punti possibili in carniere e allora sì, si potrà guardare dove sono ubicate le rivali e scoprire se anche questa volta il copione scritto dalla realtà è più sorprendente di quello vergato dalla fantasia dei tifosi.

Un cammino significativo

Intanto la tabella di marcia del Milan, a partire dalla sconfitta dell’ultimissimo secondo di gioco contro l’Atalanta datata 10 novembre, ha fatto registrare in campionato 6 risultati utili consecutivi, declinati in 5 successi e un pareggio, quello di Salerno. Sono 16 i punti conquistati su 18 disponibili con il rammarico per il pari contro la Salernitana, che avrebbe potuto benissimo essere la sesta vittoria, nonché en plein di punti.

Non solo, nelle ultime 9 sfide ufficiali tra CL, Coppa Italia e Campionato sono arrivati 7 successi, un pareggio e una sconfitta anche se, purtroppo, decisiva in quanto è costata l’eliminazione nella coppa nazionale ad opera ancora dell’Atalanta, l’unica formazione riuscita a fermare il Diavolo e per ben due volte, dal 2 di novembre ad oggi. Ora il calendario prevede due anticipi del sabato. Il 27 gennaio sarà la volta del Bologna, di scena a San Siro, mentre la settimana seguente saranno i Rossoneri a far visita al Frosinone. Un doppio passaggio molto importante, in vista del big match contro il Napoli e del playoff di Europa League contro il Rennes.

La cooperativa del gol

Alcune considerazioni sull’attacco. Se da un lato è verissimo che manca il bomber da almeno 20 segnature (e che andrà acquistato nel corso dell’estate, senza se e senza ma), è altresì vero che tutti gli avanti del Milan, tranne Chukuweze, sono andati a segno. La classifica marcatori degli attaccanti rossoneri dice: Giroud 10, Pulisic 6, Jovic e Okafor 4, Leao 3.

Anche se molto probabilmente è un esercizio di estremo ottimismo, mancando ancora 19 giornate al termine del campionato, potenzialmente sia Pulisic, che Jovic, Okafor e soprattutto Leao, colui col potenziale più alto, possono andare in doppia cifra. Tenendo anche conto che per ovvi motivi, quasi sicuramente anche Olivier arricchirà significativamente il proprio bottino, proviamo quindi ad ipotizzare uno il francese che si fermi a 15 marcature, con almeno altri due compagni a quota 10, come si potrebbe parlare di reparto sterile? Forse è anche in virtù di queste considerazioni che, salvo occasioni da giorni del condor, in attacco a gennaio non si muoverà una foglia. La cooperativa del gol potrebbe rivelarsi il punto forte di questo girone di ritorno.

Pioli is on fire

La centesima vittoria in Serie A sulla panchina del Milan è stata tutt’altro che banale. Un successo importante, in una serata difficile che, come abbiamo già avuto modo di analizzare, potenzialmente può essere la svolta della stagione. Anche per questo, ai microfoni di Sky, mister Pioli è stato brillante e spiritoso come nell’ultimo anno raramente aveva avuto occasione di essere. Inutile sottolineare come questi 3 punti siano stati una grande iniezione di fiducia anche per lui.

Non vi fosse stato il doloroso neo dell’eliminazione dalla Coppa Italia, il cammino sarebbe stato quasi perfetto negli ultimi due mesi. Alla domanda di Bonan se le successive 100 vittorie della sua carriera le immagina da tecnico del Milan, con prontezza ha risposto “Lo spero. Tu no?” scatenando l’ilarità dei commentatori in studio. Cento vittorie in campionato, come al Milan hanno saputo fare solo Nereo Rocco, Niels Liedholm, Fabio Capello e Carlo Ancelotti. Fine delle trasmissioni. Per dirne una, Arrigo Sacchi non compare nel club.

Così mentre a Roma lo Special One Jose Mourinho poteva contare sugli acquisti Dybala, Lukaku, Matic, Ibanez, Wijnaldum, Abraham e via dicendo, a Milano un tecnico dall’allure molto più modesta, un emiliano col dolcevita che forse è rimasto l’unico a indossare, con una rosa sulla carta molto meno forte vinceva uno scudetto e riportava stabilmente il Milan nelle prime quattro della classifica, quindi in Champions League. L’importanza del lavoro di questo allenatore senza sponsor, né tra i tifosi né tra i critici e che proprio per la sua natura di normalizzatore non è stato privo di errori, verrà realmente soppesato e valorizzato dal tempo e dalla storia. D’altronde il suo ciclo è ancora in corso, troppo vicino agli occhi, e si sa che guardare tutto a distanza troppo ravvicinata porta a una visione sfocata.

Milan: Noah Okafor e Luka Jovic (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Milan: Noah Okafor e Luka Jovic (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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