L’ex attaccante del Milan, Jon Dahl Tomasson, è stato protagonista di un’intervista a La Gazzetta dello Sport alla vigilia del derby di Milano. Queste le dichiarazioni di Tomasson: “L’assenza di Kjaer è un duro colpo per il Milan. Simon è uno dei migliori centrali al mondo. Incarna personalità e leadership. Un guerriero. Pioli perde moltissimo. Se la Danimarca è diventata una nazionale temibile lo deve anche al suo spirito di squadra. Simon ne è il manifesto. Chi può fare la differenza? Dico Leao. Ha un potenziale incredibile. Il lavoro che ha fatto Pioli mi ha impressionato. Se il Milan è tornato ai vertici è anche merito suo. Ricordiamoci dov’era la squadra quando è arrivato lui: a metà classifica. Con l’aiuto di due leader, Ibra e Simon, ha ribaltato il Milan. Così i giovani sono riusciti a emergere. Zlatan? Sono colpito, davvero. È incredibile ciò che fa. Ricordo ancora quando giocavamo l’uno contro l’altro tra club e nazionale. A Euro 2004, in quel famoso Danimarca-Svezia finito 2-2, ho segnato due gol e lui c’era. Oggi difende la maglia del mio vecchio amato Milan“.
Sui suoi ricordi in rossonero, Tomasson afferma: “Il derby del 2004 non lo dimenticherò mai. Atmosfera magica. Sotto 2-0 all’intervallo, riusciamo a vincere nella ripresa. Ricordo che non esultai nemmeno: portai il pallone a centrocampo a testa bassa, non potevamo perdere. Il Milan era quello lì, battagliero e mai domo. Non mollavamo mai. Il match contro l’Ajax dell’anno prima? Ero in gioco, eh. Scherzi a parte, ho seguito l’istinto della punta e l’ho buttata dentro da un passo. Ancora oggi me lo chiedono. Forse sarebbe entrata lo stesso grazie al tocco di Inzaghi. Nell’Ajax c’era un giovane Ibra, ma in semifinale siamo andati noi. E alla fine abbiamo vinto la Champions”.
Tomasson parla infine della sua carriera di allenatore: “Tornare in Italia da tecnico sarebbe meraviglioso. Qualsiasi tecnico ambizioso amerebbe la Serie A, e io lo sono. Ora sto ricaricando le batterie, studio e vedo partite come sempre. Ho qualche offerta ma non vi svelo niente. Non sarebbe corretto. L’Italia mi interessa, però. Intanto voglio vincere. Era così anche da giocatore. Voglio che la mia squadra giochi un calcio attraente, ammaliante, il famoso ‘bel gioco’. L’ho fatto a Malmoe e anche con la Danimarca, dove nei tre anni da assistente non abbiamo perso una partita. Amo costruire squadre che dominano il gioco, con o senza palla. La parola chiave è identità. In carriera sono stato allenato da grandi tecnici, tra cui Ancelotti, e ho avuto modo di vedere da vicino diversi tipi di calcio. Olanda, Spagna, Italia, Inghilterra. Ho raccolto qualcosa da tutti“.
