Il Milan – come spiegato nei giorni scorsi dall’ad Ivan Gazidis – sta raggiungendo un equilibrio in grado di “campare” per i prossimi due-tre anni. Merito, prima di tutto, di ingenti immissioni di capitali da parte di Elliott (140 milioni di euro). E, allo stesso tempo, della progressiva riduzione del monte ingaggi, grazie agli addii di alcuni pezzi “pesanti” come Biglia.
Non si illudano i tifosi quando leggono chi un po’ troppo allegramente sfoggia come un pregio l’indebitamento finanziario piuttosto basso da parte dei rossoneri. Già, perché va ricordato come un fondo della portata di Elliott non ha bisogno di attingere finanza, dato che Paul Singer è di mestiere uno dei principali finanziatori al mondo. Il debito del Milan, paradossalmente, è nei confronti del suo stesso proprietario che prima o poi cercherà un acquirente sul mercato a non meno dei soldi che ha fin qui speso per tenere in piedi il club di via Aldo Rossi. Tuttavia, per vendere una società di calcio bisogna che possa reggersi in piedi il più possibile con le proprie gambe. Da qui la strategia sul mercato, sui giovani, sugli ingaggi e, a cascata, su tutto il resto.
In questo “resto” si inserisce la variabile del nuovo stadio, fondamentale nella road map di Elliott. Qualche “maligno” sostiene ormai che la questione interessi più al Milan che all’Inter e che in Comune sia in attesa di chiamate per andare avanti sul percorso avviato prima del lockdown e poi proseguito a giugno con la definizione degli indici di edificabilità in deroga al Pgt. Infine, c’è la variabile sui ricavi di biglietti e abbonamenti, al momento assolutamente al palo. L’impressione è che per questa stagione sia molto difficile ipotizzare l’apertura di una campagna per i tifosi allo stadio. Un bel guaio.