HomeIn evidenzaLa settimana della schizofrenia: dalla Super League al #CeferinOut

La settimana della schizofrenia: dalla Super League al #CeferinOut

E’ stata la settimana della schizofrenia. Colpa (o merito, a seconda dei vari punti di vista) del progetto della Super League, naufragato nell’arco di 48 ore sotto le minacce dei massimi organismi del calcio e della politica. Eppure la grande competizione europea dei top club e tutte le polemiche scaturite avevano almeno avuto il merito di distogliere l’attenzione dei media e di tanti tifosi dall’emergenza Covid-19 e dalle polemiche sulle riaperture e sui vaccini. Al di là di questa considerazione, il merito (questo sì) della Super League, alla quale anche il Milan aveva aderito, è stato quello di aver posto il tema su un calcio oggi non più sostenibile alle condizioni date.

E’ sintomatico, tra l’altro, osservare come nell’arco di sette giorni siano cambiati i toni del tifoso: dallo scetticismo nei confronti della nuova competizione alla critica aspra verso i club aderenti e i loro manager, dalla paura delle ripercussioni dell’Uefa fino all’hashtag di tendenza #CeferinOut apparso sui social nelle ultime ore di questa telenovela. D’altronde il tifoso ragiona più con la pancia che con la testa e il ragionamento da domenica scorsa ad oggi dev’esser stato più o meno questo: “Bella la Super League, però la Serie A perderà interesse”, “Uscite dalla Super League perché ci minacciano pesantemente e ci isoleremo”, “Bene, siamo usciti dalla Super League, ora torniamo a goderci la Champions”, “Ma come, siamo usciti dalla Super League e Ceferin ci minaccia ancora?”. Schizofrenia allo stato puro.

Eppure con intelligenza si può senz’altro approdare ad una conclusione che dovrà essere il punto di partenza di un necessario chiarimento tra i club cosiddetti “ribelli” e l’Uefa già nei prossimi giorni. Se una competizione “chiusa” come la Super League ha bisogno di far germogliare sensibilità che non possono scaturire nell’arco di una notte di annunci social, è altrettanto evidente che i tifosi auspicano una riforma del calcio in senso più sostenibile e, soprattutto, più interessante e competitivo. Una riforma dei format non è sufficiente, soprattutto se accompagnata da una continua ridiscussione dei diritti televisivi che ricadono poi sulla testa dei tifosi. Anche in Italia, non solo a livello europeo, c’è bisogno di riforme, a cominciare da una Serie A improponibile a venti squadre (da anni lo sostengono tutti, ma non cambia nulla) e da una Coppa Italia che conserva appeal nella sola partita finale. Se la Super League sarà servita a dare una sveglia a tutti, ben venga.

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