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Sacchi ricorda Berlusconi: “Ha dato vita al rinascimento calcistico italiano. Per me è stato essenziale, senza di lui…”

L’ex allenatore del Milan Arrigo Sacchi ha rilasciato una lunga intervista a Il Giornale in cui ha parlato di Silvio Berlusconi e del loro rapporto. Queste le parole di Sacchi in vista del match di questa sera dedicato all’ex Presidente di Milan e Monza:

Sull’importanza di Berlusconi: “Per rendere l’idea è meglio ricorrere a una metafora: Berlusconi è stato una slavina precipitata in un piccolo stagno. Ha stravolto antiche abitudini, vizi e pigrizie presentando idee nuove che erano il frutto di coraggio, entusiasmo, generosità e competenza. Posso dire con convinzione che ha dato vita al rinascimento calcistico italiano. A conferma cito un solo dato: dal maggio del 1989, data in cui il mio Milan vinse la coppa dei Campioni a Barcellona, al 1999, i club italiani hanno totalizzato qualcosa come 16 coppe internazionali. La Nazionale italiana poi ha centrato il 3° posto nel ’90 e un’altra volta la finale nel ’94, persa ai rigori con il Brasile. Insomma con la sua novità Berlusconi ha svegliato un po’ tutti”.

Sul suo arrivo al Milan: “Quando mi chiamarono ad Arcore per il primo contratto, io fui sincero. Dissi: o siete dei geni o siete dei pazzi e firmai. Ci voleva un coraggio incredibile per andare a Parma e scegliere, dopo Liedholm, un allenatore che non era mai stato in serie A. Perciò sulle prime pensarono tutti che fossimo due sognatori”.

Sul loro rapporto all’inizio: “Berlusconi non fu bravo, fu bravissimo. Perché senza il suo sostegno non ce l’avrei fatta a superare le prime difficoltà. Insieme scegliemmo le persone più che i calciatori perché confidavo di poter accomodare i piedi ma non la testa. All’inizio mi chiese di telefonargli tutti i giorni, verso sera. Parlare di calcio dopo una giornata di lavoro mi rilassa, spiegò”.

Sulla prova del fuoco: “Avvenne dopo la sconfitta di Lecce con l’Espanol. Il giorno dopo i commenti dei giornali mi fecero a pezzi, nemmeno i gerarchi tedeschi processati a Norimberga furono trattati così duramente. A quel punto Berlusconi mi chiese: ha bisogno? Risposi: si. E lui si presentò a Milanello il sabato mattina. Non passò dagli spogliatoi ma si fermò nel suo ufficio al primo piano e convocò calciatori e allenatore. Parlò per 23 secondi. Disse: Io ho la totale fiducia nel vostro allenatore. Chi lo seguirà resterà, chi non lo seguirà andrà via. Non perdemmo più una partita. Anzi in verità ne perdemmo una, con la Roma a San Siro, per via di un mortaretto”.

Sull’innovazione portata da Berlusconi: “Sulla spinta di Berlusconi, venne abolita la regoletta dello 0 a 2 a tavolino. Da allora non si sono più verificati casi Alemao. Non solo. Silvio propose in anticipo la formula attuale della Champions League adottata negli anni novanta ma nel frattempo pagammo un dazio molto pesante. Cosa? A Belgrado gol dentro di un metro e mezzo non visto dall’arbitro tedesco, idem a Brema col Werder e a Madrid quando fischiarono a Gullit un fuorigioco inesistente. Si capì poi che Berlusconi fu trainante perché conosceva il mondo, amava innovare, s’impegnava nella cura dei dettagli e aveva il bel gioco in testa”.

Sul regalo fatto da lui all’ex Presidente: “Credo che il dono più prezioso fu il riconoscimento venuto dall’Uefa che ha definito il Milan dell’89 la squadra più grande della storia mentre per il settimanale francese France Football siamo stati solo i più grandi del dopoguerra. Per Silvio fu la chiusura del cerchio disegnato nell’estate dell’87 al castello di Pomerio quando ci affidò la missione di diventare la squadra più forte al mondo. Io gli risposi allora: può essere frustante come traguardo ma anche limitativo. E dopo quelle due medaglie, in un colloquio, gli ricordai che l’aggettivo limitativo aveva proprio quel significato”.

Arrigo Sacchi - MilanPress, robe dell'altro diavolo
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