HomePrimo PianoLe radici di Ismael Bennacer: arrivare alla maglia rossonera partendo da Arles

Le radici di Ismael Bennacer: arrivare alla maglia rossonera partendo da Arles

Il Milan ha iniziato una nuova serie di documentari su Milan TV per scoprire ancora di più gli idoli dei tifosi rossoneri. Nel primo episodio Ismael Bennacer torna nella sua Arles: questi i suoi commenti sul Diavolo e sui suoi compagni, dopo aver sentito gli interventi di professori, allenatori, il sindaco e soprattutto la sua bellissima famiglia.

Su Ibrahimovic:Mai visto un leader così. Anche se facciamo la guerra sul campo, abbiamo una relazione speciale perché mi fa imparare tantissimo. Lo vedo come un grande fratello. Lui mi consiglia: non dico che sto con lui ogni giorno fuori dal campo, ma quando mando un messaggio è sempre disponibile“.

Esperienza all’Arsenal:Non volevo andare via dalla Francia, ma lì avevo bisogno di una formazione perché ad Arles era diverso. L’Arsenal è una delle migliori formazioni d’Europa, è stata un’esperienza bella. Era strano: nel piccolo quartiere di Arles non c’era niente, a Londra c’è tutto. Bianco e nero a parte, è stato speciale vivere con mia sorella“.

L’arrivo a Empoli:È stata la scelta più pericolosa della mia carriera. Sono un giocatore a cui piace rischiare, e avevo bisogno di minuti. Volevo giocare, fare vedere le mie qualità a tutti. Era l’unica squadra che mi voleva così. Una decisione molto dura da prendere ma ci stava, quando hai fiducia poi hai una ricompensa“.

E il Milan:Quando il Milan mi ha chiamato non ho pensato troppo. Sapevo che mi volevano tanto. Il talento è qualcosa che puoi avere, ma il lavoro ti fa diventare ciò che vuoi. Quando sono sul campo, in allenamento, guardo il logo e dico: ‘Gioco per il Milan’. Poi penso a dove ero, da dove vengo. Quando pensi a queste cose vuoi fare di più“.

Lo scudetto:Fino a Sassuolo tutto normale, ma quando abbiamo vinto è stata tutt’altra cosa. Incredibile viverlo con i tifosi, ero molto contento di aver dato loro questo trofeo e di aver scritto la storia per questa società, una delle più grandi. Ho festeggiato tantissimo“.

La città di Milano, la sua famiglia e la religione:Ho imparato nel lavoro ma anche nella vita qui. Sono cresciuto tantissimo in città. Ora che ho dei bambini penso di dover fare tutto per loro, come hanno fatto i miei genitori con me: essere qui con loro, spiegare le cose giuste ed avere la mentalità giusta. Poi può succedere di tutto a lavoro o nella vita, ma quando torni a casa sai che ci sono. Se non ce li hai non puoi capirlo. Sono molto contento qui in Italia perché nessuno mi dice niente, capiscono tutto ed è importante. La mia vita dipende dalla religione, ho fatto un bel passo ma la gente è brava. È duro svegliarsi di notte per litigare, ma lo facciamo per un obiettivo, non per avere qualcosa alla fine“.

La Nazionale algerina rispetto a quella marocchina:Una scelta che ho fatto da molto giovane. Dovevo scegliere tra la Nazionale di mio papà o mamma, ma il cuore ce l’ho per tutti e due. Ho imparato molto dall’Algeria, un Paese veramente particolare e non solo nel calcio, che gestisce tanti problemi. Quando va bene la Nazionale il Paese è contento, non avrò mai il rimorso di aver scelto l’Algeria, sono molto orgoglioso. Fino alla fine la gente ti sarà riconoscente, anche dopo la morte, non ci sono parole. Mi ricordo quando abbiamo vinto la Coppa D’Africa: Algeri ha 3 milioni di abitanti, ma quel giorno ce n’erano 5 per festeggiare. Quando ero sul pullman vedevo la gente urlare il mio nome, come se avessi dato un sacco di soldi“.

Il suo sogno:Personalmente il Pallone d’Oro, perché è il trofeo più prestigioso nel calcio. E poi mi metto questo nella testa, così non avrò rimorsi. Devo fare tutto per averlo, lavorare tantissimo: significa aver fatto bene con club e Nazionale, quindi sicuro che vinci qualcosa se finisci nella lista“.

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