HomeNewsPato: "Quanti ricordi al Milan. Vi racconto tutto"

Pato: “Quanti ricordi al Milan. Vi racconto tutto”

Attraverso un racconto autobiografico, l’ex Milan Alexandre Pato ha raccontato la sua vita calcistica, che è stata in passato molto tormentata ma piena di gioie. Ecco qualche estratto sul suo periodo rossonero:

Sul perché fosse sempre infortunato: “Mah. Avrei dovuto rispondere a queste domande tempo fa. C’erano tantissime voci, specialmente a Milano. Facevo troppo festa. Non avevo voglia. Vivevo nel mondo delle favole. Quando volevo parlare mi veniva detto di ‘pensare al calcio’. Ero troppo giovane per controbattere“.

Sulla scelta del Milan: “Avete mai giocato alla Playstation? Erano incredibili!!! Kaká, Seedorf, Pirlo, Maldini, Nesta, Gattuso, Shevchenko… Sheva era inarrestabile! Il Fenomeno, il VERO Ronaldo. Avrei potuto giocare con lui. Che formazione. Avevano appena vinto la Champions League. Il Milan in quei tempi era la squadra.

Sull’atterraggio a Milano: “Quando sono atterrato a Milano, una parte delle visite mediche era un esame della vista. Come uno stupido premei troppo forte il palmo della mano contro l’occhio e quando lo aprii vedevo a malapena. Il dottore mi mise delle gocce dilatanti, ma quando uscii dalla stanza ero praticamente cieco. E chi si presenta? Il grande Ancelotti“.

Sul primo dialogo con Ancelotti: “Mi disse se andava tutto bene, ma riuscivo a malapena a vederlo. Abbiamo fatto una foto insieme in cui i miei occhi erano praticamente chiusi. Quando mi portò nella sala da pranzo disse ‘Questo è Pato, il nostro nuovo attaccante’. Si alzarono tutti in piedi per stringermi la mano. Uno ad uno. Ronaldo, Kakà, Seedorf. WOW. Quello fu il mio primo giorno al Milan. Il videogioco era diventato realtà“.

Sull’amarezza per il mancato Mondiale per Club: “Sfortunatamente, alla fine di agosto scadeva il termine della registrazione delle liste e io non avevo ancora 18 anni, quindi fui costretto a saltare il Mondiale per Club. Sono nato il 2 settembre. Se fossi venuto al mondo qualche giorno prima sarei stato Campione del Mondo due volte. Ma solamente potermi allenare con queste leggende era speciale“.

Sui brasiliani: “I brasiliani mi accolsero a braccia aperte: Ronaldo, Cafu, Dida, Kakà. E no, non vivevo a casa di Cafu, però uscivamo spesso perché i suoi figli avevano più o meno la mia età. Cafu era davvero disponibile: ogni volta che usciva per mangiare aveva bisogno di un van, perché c’erano almeno 10 persone con lui“.

Sulle botte da Kaladze: “Mi proteggevano sempre anche in allenamento i brasiliani. C’era Kakha Kaladze, il capitano della Georgia, un gigante. Un giorno mi fece a pezzi. Io ero abbastanza dispiaciuto. Ma i brasiliani mi dissero: ‘Oi! Devi essere forte! Se te le dà, tu gliele ridai e se succede qualcosa ci siamo qui noi’. Quindi Kaladze prende la palla e io gli entro. BUM!. È per terra. Ca***,  e adesso? Si alza e si avvicina e io penso che mi metterà K.O. Allunga la mano eeeeee….alza il pollice. ‘Buon lavoro’ mi dice. Era quella la mentalità che volevano al Milan“.

Ancora su Ancelotti: “Ancelotti diventò come un padre per me. Ha addirittura chiamato il suo cane Pato. Avete visto la foto dei festeggiamenti sul bus scoperto a Madrid, con gli occhiali da sole e il sigaro? Ecco, al Milan certe volte arrivava in elicottero. Viveva a Parma e sua moglie lo sapeva guidare. Scendeva come James Bond. Se c’è qualcuno che sa come si vive con stile, quello è Carlo“.

Sui campioni del Milan: “Ho imparato tantissimo da quei campioni. Nello spogliatoio ero seduto accanto a Ronaldinho. Dopo l’allenamento Carlo diceva a Seedorf e Pirlo di farmi dei lanci lunghi così avrei saputo dove correre. Pirlo diceva: ‘Tu corri, che il pallone arriva’. E arrivava sempre. Un giorno durante la mia seconda stagione arrivai per allenarmi sui calci di punizione. Chi c’era a calciare? Pirlo, Ronaldinho, Seedorf e Beckam, mi sa che rimango a guardare“.

Su Berlusconi: “Chiaramente sapevamo tutti chi era il proprietario del club. Un giorno mi chiama Silvio Berlusconi. Era un grande Presidente, raccontava sempre barzellette. Io uscivo con sua figlia Barbara. Io dribblavo tanto sulla fascia, superavo chiunque. Silvio mi disse: ‘Perché dribbli verso l’esterno?’. Voleva che giocassi più al centro. Presto Carlo e Leonardo iniziarono a dirmi lo stesso“.

Sul gol contro il Barcellona: “Ero al centro, ho visto uno spazio e l’ho attaccato di corsa. Quando Valdés è uscito pensai, Ca***, che faccio? Dribbling? Pallonetto? Ho provato a calciare alla sua sinistra, ma la palla gli è finita tra le gambe. Wow. La fortuna è cieca. Credo anche Dio volesse che facessi gol“.

Sulle tutte le emozioni di quel momento: “Tra me e me pensavo. Guardiola starà guardando? Lo ammiravo tanto. Disse che neanche Usain Bolt avrebbe potuto prendermi. Quant’è bello quando è così? È stato il gol più bello che abbia mai segnato. Anche la telecronaca fu meravigliosa. La gente ancora mi dice: ‘Ventiquattro secondi!’. In quei giorni pensavo che sarei arrivato davvero al top. Le aspettative erano altissime. La cosa certa era che io fossi il super talento. Giocavo già per il Brasile. La stampa scrive di te, i tifosi parlano di te e anche gli altri giocatori ti esaltano“.

Alexandre Pato - MilanPress, robe dell'altro diavolo
Alexandre Pato – MilanPress, robe dell’altro diavolo

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