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Papin: “Milan, la strada è quella giusta. Farei uno sforzo per Cavani e terrei Ibra. Paquetà, resisti!”

L’ex attaccante del Milan, Jean Pierre Papin ha concesso una lunga intervista all’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, raccontato la sua esperienza in maglia rossonera, a cominciare dalla coppia che formò con Marco van Basten: “La finale di Champions del ’94 non la giocammo né io né Marco, ma l’importante era sollevare la Coppa. Ho coronato il sogno di giocare con lui, anche se facemmo coppia pochissime volte: fu uno spasso, raro
ma bellissimo. Il Milan mi è rimasto dentro, sento spesso Simone ed Eranio. Berlusconi e Galliani? Ogni anno, per il compleanno, ricevo una lettera di auguri da entrambi. Straordinari“.

Papin parla poi del Milan attuale: “Serve pazienza, ma la strada è quella giusta. Fiducia nei giovani senza spese folli. Manca poco: l’ossatura è buona e con due-tre giocatori si può fare il salto. Magari dopo questa crisi i valori di mercato si abbasseranno. Hernandez l’ho visto a San Siro, mi ha impressionato, è uno da Milan ed ha tutto per essere il terzino sinistro titolare della Francia. Dipenderà da lui, ma credo che il Milan sia la squadra giusta per crescere ancora e guadagnarsi la chiamata di Deschamps. Leao? Dategli tempo, è molto giovane. È un profilo interessante, ha velocità e potenza ma gli manca esperienza. E la maglia del Milan pesa“.

Papin prosegue: “Ibra è un fenomeno, con lui migliorano tutti. Ero a San Siro per il derby, ha avuto un impatto mostruoso. Poi è venuta fuori l’Inter, ma la differenza l’ha fatta
l’abitudine di stare a certi livelli: il Milan è indietro. Quando Ibra parla, gli altri ascoltano. E in squadra servono campioni così. Rebic è un giocatore di movimento, non un bomber, anche se in questi mesi ha fatto grandi cose. In giro ci sono pochi “9” autentici: fossi il Milan farei uno sforzo per Cavani. Avete visto quanto corre? E difende, costruisce, senza mai perdere lucidità. Paquetà ha qualità e l’anno scorso ha fatto bene. Buttarsi giù per le panchine è un errore pericoloso: io lo capisco, quando non giocavo ero a pezzi, ma gli consiglio di non viverla così. Quei momenti sono stati la causa del mio rimpianto più grande: quando arrivai al Milan non conoscevo la regola che limitava l’utilizzo degli stranieri al massimo di tre per partita, non me lo avevano spiegato. Andai via perché volevo più spazio, ma sbagliai, quella era la squadra giusta per me, prevalse il mio ego“.

La conclusione sulle vicende societarie e di panchina: “Mi dispiace per Boban, leggo che anche Paolo potrebbe lasciare. Maldini è il Milan, non capisco come si possa pensare di ricominciare senza di lui. Pioli o Rangnick? Pioli mi piace. Rangnick lo conosco poco, ma un tedesco che allena in Italia è un po’ una stranezza“.

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