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MP – Antonio Conte è l’uomo giusto per questo Milan? Perché sì e perché no

Si apre una nuova era nella storia del Milan. Quelle che un tempo erano solo voci, ora stanno diventando realtà: Stefano Pioli lascia la panchina del Diavolo dopo 5 anni di duro lavoro, grandissime soddisfazioni e qualche ombra. Lo scudetto, il ritorno in Champions League e la crescita della rosa (attualmente tra le più importanti del palcoscenico mondiale). Insomma, grazie Stefano.

Ci sono tante soluzioni per rimediare a questo buco che creerà la fine del rapporto tra il club e il tecnico. C’è chi preferisce un manager nel vero senso della parola, chi vuole l’allenatore internazionale e chi vuole il creatore di talenti (e si sa, il Milan ha una marcia in più in questa fase di ricostruzione). Ma se dovessimo ascoltare il popolo, la candidatura più richiesta è quella di Antonio Conte, plurivincitore tra Serie A e Premier League. Tralasciando le reali possibilità di averlo o meno, la redazione di MilanPress.it si è confrontata internamente sul perché avrebbe senso riportarlo sulla panchina di San Siro, questa volta non nella sponda nerazzurra. Ringraziamo calorosamente chi si è sottoposto a questo sondaggio.

ANTONIO CONTE AL MILAN – DI EDOARDO LOI

  • CARATTERE: a questa squadra è mancata nei momenti cruciali. Lui ha dimostrato di saper dare quella spinta mentale in più. E qui vengono in mente i ricordi della Nazionale ad EURO 2016, fermata solamente ai rigori nei quarti di finale dai favoritissimi tedeschi nonostante una rosa forse troppo poco esperta sul palcoscenico continentale. O la Juventus dei 102 punti, a quel punto imbattibile. O, infine, all’Inter in Europa League: Conte ha trasformato un percorso fallimentare in Champions League in un quasi-successo. Poi, si sa, gara secca…
  • CONCENTRAZIONE: è capace di ridurre al minimo cali di concentrazione che invece sono stati riscontrati spesso nell’ultimo periodo. Gol presi con il solito calcio d’angolo? Evitabile, si lavora fino allo sfiancamento (letteralmente) a Milanello e vedi come corre la difesa dalla volta buona. Ecco, non deve essere un pitbull ma quando c’è bisogno della spinta finale la sua garra salentina serve. Zlatan Ibrahimovic adora un tipo del genere.
  • DECISIONI FORTI: nessuno è più importante dell’altro e l’obiettivo finale del Milan dev’essere la vittoria, ad ogni costo. Antonio ne ha alzati di trofei, e l’ha sempre fatto con l’unione del gruppo. Basta vedere quello scudetto nella stagione 2011/12 non molto apprezzato da noi milanisti: Conte non ha avuto a disposizione la rosa di Max Allegri, ma con la compattezza e con il sacrificio ha stupito tutti. Ti chiede quello sforzo in più a inizio anno, magari insopportabile per il caldo, ma nel maggio successivo sei nelle zone altissime del campionato. 

ANTONIO CONTE FUORI DAL MILAN – DI MAURO D’AGOSTINO

  • DNA: non incarna quello del Milan, fatto di vittorie sul piano dell’estetica in campo, ma anche a livello comunicativo. Quando entri in questo club, sai di dover portare stile visti i predecessori. Fabio Capello, Nereo Rocco, Carlo Ancelotti, Arrigo Sacchi. Tutti voltati allo spettacolo e al rispetto dell’avversario, con una presenza in sala stampa che illuminava per l’umanità che derivava dal personaggio. Con questo non si vuole dire che Conte non ne abbia, ma scenate come quella con Tuchel in un Chelsea-Tottenham e le conferenze agghiaccianti non sono da Milan, ecco. Il calcio statico (ma vincente), non è coerente con le idee della rosa costruita nell’ultimo mercato.
  • PROGETTO GIOVANI: non è il tipo di allenatore adatto per la filosofia che ha il Milan, pronto a lanciare l’U23. Non è propenso a “rischiare” i ragazzi. Perché sì, la parabola del ristorante da 100 euro la ricordiamo tutti. Antonio Conte vuole alzare trofei, e vuole gli uomini più importanti che ci sono sul mercato. Per carità, è anche un bene, ma i cicli finiscono in fretta. Il Diavolo ha impostato da qualche anno un nuovo settore giovanile, con la Primavera di Ignazio Abate punta di diamante. Stefano Pioli ha fatto esordire Jan-Carlo Simic, Kevin Zeroli e Francesco Camarda…siamo sicuri che l’ex commissario tecnico azzurro voglia fare la stessa cosa?
  • CICLO DURATURO: c’è bisogno di questo, e come ha dimostrato nelle precedenti esperienze, con le sue pretese e il suo atteggiamento ciò non è possibile. Quante volte è capitato di vederlo protestare con la società di fronte alle telecamere? E, soprattutto, che morale lascia nello spogliatoio all’arrivo del suo successore? Brutto esempio, per dirne uno, quando ha parlato male del Tottenham…essendo allenatore del Tottenham. E, la storia lo dimostra, Conte non ha mai realizzato un ciclo da mister di 5 anni, ovvero ciò da cui arriva il Milan.

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