Che il calcio non sia quello che abbiamo cominciato ad amare ed apprezzare da bambini è un dato di fatto, oramai. I giocatori vanno e vengono, anche quelle “bandiere” (se il termine è ancora oggi consentito) che non dovrebbero mai lasciare il club in cui crescono, si consolidano, o addirittura per il quale fanno il tifo fin da piccoli. L’ultimo a partire, in casa Milan, è stato Sandro Tonali, potenziale uomo simbolo rossonero che ha però dovuto – per una serie di motivi – accettare l’offerta del Newcastle e dire addio, o arrivederci, ai colori della vita.
L’importanza di chi resta
È qui che emerge, tra le mura di Milanello, l’importanza di quegli uomini rimasti per continuare a crescere non soltanto a livello personale e per la propria carriera, ma soprattutto per il bene del Milan. Gli addii di Ibrahimovic, Maldini e Tonali lasciano un vuoto pesante non soltanto per il concetto di milanismo che ha caratterizzato ogni singola figura durante il percorso, ma anche perché è da questi uomini – in parte – che il Milan ha ritrovato sé stesso, un’identità, la Champions League, le vittorie, lo scudetto.
È proprio qui che entra in gioco l’importanza di chi, per una serie di motivi legati anche alla crescita del club, continuerà a far parte del gruppo rossonero, al netto di quelli che saranno i nuovi acquisti. Per citarne alcuni, Calabria, Maignan, Theo Hernandez, Bennacer, Leao.
Uomini che hanno visto partire compagni di viaggio che credevano di ritrovare oggi a Milanello per il raduno. Gli stessi uomini che raccolgono un’eredità pesante, e che probabilmente sanno come portarla avanti perché hanno vissuto, assaporato, sentito e toccato con mano cosa significa giocare l’uno per l’altro difendendo questi colori, di fronte a questi tifosi.
Non chiamatelo milanismo
Poi è vero, si potrà generalizzare il tutto dicendo semplicemente che le bandiere non esistono più. E che la stessa sorte, tra dodici mesi o anche meno, potrebbe toccare anche ai sopracitati. Forse allora non si tratta più di milanismo (la storia di Tonali ce lo insegna) ma di correre e sacrificarsi per il compagno. Che questo lo si faccia con la maglia del Milan, semmai è un plus.
E allora Leao, Theo, Maignan, Giroud e il resto del macro gruppo andrà “in guerra” e lotterà per i compagni con lo stesso spirito di prima e con il peso della storia e del percorso che ha caratterizzato la squadra ed il club. Tutto questo, ma senza la certezza che tra qualche mese gli stessi fratelli saranno ancora al loro fianco.