Dalla fine della scorsa stagione in casa Milan sono cambiate tantissimi elementi, che hanno in comune il senso di appartenenza e ciò che ha permesso al club rossonero in questi anni di tornare prima in Champions League e poi sul tetto d’Italia.

Eppure, almeno in termini di risultati, quel percorso di crescita sembra aver schiacciato il tasto pausa per un paio d’anni, nonostante la semifinale di Coppa Campioni e la possibilità di tornare a fare un calciomercato da protagonista, come accaduto la scorsa estate.

Milanismo e appartenenza, la storia insegna

L’addio a Paolo Maldini e il sacrificio Sandro Tonali sembravano necessari per uno step successivo da compiere, ma questa annata ha riportato dubbi e perplessità nel lungo raggio di un progetto che ha bisogno dei suoi punti fermi, e forse, avrebbe bisogno di un po’ di più di Milanismo.

Oggi, a proposito di colori rossoneri, spengono le candeline Franco Baresi, nella figura di vicepresidente onorario del club e Sandro Tonali, ex giocatore del Milan, colui che forse avrebbe potuto diventare una bandiera (se ancora questo termine fa parte del dizionario calcistico).

È da questo fattore semi romantico che ci chiediamo: quanto potrebbe essere importante ripartire da questi principi per essere vincenti? La presenza di Maldini ha portato uno scudetto con un budget limitato ma con delle idee condivise da tutti, nessuno escluso. Forse tale concetto è tornato alla mente del club che ha provato ad inserire in dirigenza – a stagione  in corso – il tassello Ibrahimovic, fresco di addio al calcio giocato: ma sembra quasi un apprendista e non ancora leader come in campo. Il solo Zlatan non può bastare. Siamo così certi che per tornare grande non serva affatto il Milanismo?