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Sacchi: “Il Milan non è più un collettivo, i problemi nascono dalla testa. Io farei così”

Arrigo Sacchi ha rilasciato un’intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport nella quale ha parlato del momento nero che sta attraversando il Milan di Stefano Pioli, reduce da 6 partite consecutive senza vittorie (3 sconfitte nelle ultime 3 con 12 gol subiti).

Non è il caso adesso di sparare sulla Croce Rossa. Le cose non vanno bene, ma si può rimediare. Il Milan non è più un collettivo. Ha vinto lo scudetto giocando come una squadra e ora si sono perse quelle caratteristiche. Può capitare. Giocare ‘di squadra’ non è un imperativo etico, ma permette di essere più efficienti“.

Sulle ragioni dietro a questo cambiamento: “George Bernard Shaw sosteneva che il calcio, in novanta minuti, racchiude la storia universale. In una partita c’è tutto, e questo ‘tutto’ può portare all’esaltazione o alla depressione. Il Milan era una squadra di grande movimento, i reparti sempre connessi e vicini, i giocatori si aiutavano. Giocavano come i padri fondatori avevano immaginato si dovesse fare: il calcio è uno sport collettivo e offensivo, mentre in Italia lo abbiamo sempre considerato uno sport individuale e difensivo. Il Milan si distingueva, era europeo. Ora non più“.

Sulla ricetta da seguire: “Risolvere un problema alla volta. Se si vuole intervenire su tutto, non si combina granché. Pioli è stato bravissimo, adesso deve convincere i giocatori. Bisogna entrare nelle loro teste. Innanzitutto ritornare a essere una squadra. Nel Milan ci sono tanti ragazzi che non hanno molta esperienza e magari non sono tecnicamente al top. Se giocano individualmente, si perdono. Gli attaccanti devono rientrare e i difensori devono salire, così la squadra si accorcia. E poi distanze corrette, pressing e possesso palla con attacchi dello spazio. Poi? Io ragionerei così: pensiamo a come si possono chiudere bene gli avversari, così se li anestetizziamo possiamo stare più tranquilli, prendere fiducia e diventare ottimisti, condizione necessaria per poter fare il nostro gioco“.

Sulle ragioni di questo crollo: “Con i giovani bisogna avere pazienza, molta pazienza. Questi ragazzi si sono trovati una condizione particolare: da semisconosciuti che erano si sono trovati, dopo aver conquistato meritatamente lo scudetto, improvvisamente proiettati sul palcoscenico. Questo può destabilizzare. Adesso i problemi nascono dalla testa. Anche se può essersi aggiunto qualche problema fisico. Alcuni giocatori sono tornati dal Mondiale, forse erano stanchi: queste manifestazioni ti prosciugano“.

Sul mancato contributo dei nuovi arrivati: “È difficile entrare nei meccanismi di una squadra proprio nel momento in cui la squadra sta accusando qualche difficoltà. Certo, De Ketelaere ha buone qualità, però è alla prima esperienza in Italia, dobbiamo dargli il tempo di capire la nuova realtà. Ma ripeto, non è un solo giocatore che può risolvere il problema: è il Milan che tutto insieme deve tornare a essere una squadra. L’anno scorso, pur avendo speso meno di Inter, Juve e Roma, li ha messi tutti dietro. Un capolavoro. Oggi i ragazzi di Pioli sembrano sbadati“.

Sul metodo giusto per affrontare questo momento: “Non esiste un metodo migliore di un altro. Pioli conosce benissimo i suoi e sa come comportarsi con ognuno di loro. Ci sarà qualcuno che avrà bisogno del bastone e qualcuno della carota. Se fossi io l’allenatore, direi una cosa sola, prima di entrare in campo per l’allenamento: dovete tornare a essere una squadra. Tocca a Pioli stimolare la reazione dei suoi giocatori“.

Arrigo Sacchi e Fabio Capello (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Arrigo Sacchi e Fabio Capello (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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