Stefano Pioli ha incontrato a Milanello il tecnico della Virtus Segafredo Bologna Sergio Scariolo e i due si sono resi protagonisti di una chiacchierata, documentata da Milan TV. Ecco le parole dell’allenatore rossonero.
Sullo staccare la spina: “L’unico momento dove onestamente riesco a staccare per qualche giorno è durante la sosta. Perché adesso il nostro format prevede sette partite in venti giorni, e lì chiaramente non riesci a staccare. Mia moglie mi dice spesso: ‘Parlo ma non mi ascolti’, perché ovviamente le idee e la testa vanno sempre lì. Invece durante la sosta, la prima settimana che non c’è l’impegno della domenica, riesco a fare qualche uscita in bicicletta, qualche partitina a paddle, o semplicemente una passeggiata col cane e pensare ad altro. Come te mi piace molto guardare lo sport, mi rilassa. Quando non c’è la partita riesco un pochettino a staccare. A me piace giocare alla sera, finisce la rifinitura del mattino e nel primo pomeriggio riesco ad avere un po’ più di tempo per prepararmi, arrivo meglio“.
Sui ritiri: “Ero molto abituato ad andare in ritiro, sia da calciatore che da allenatore. Adesso invece sono 3-4 anni, prima a Firenze e ora qua al Milan, che non facciamo i ritiri. Quando giochiamo la sera a San Siro poi la mattina dopo ci alleniamo a Milanello e stiamo tutto il giorno insieme. Anche in trasferta, partiamo al mattino per poi giocare la sera. Preferiamo fare, soprattutto quando giochiamo durante la settimana, il riposo dopo la partita qui a Milanello. Sia io che i giocatori vediamo che non abbiamo bisogno di andare in ritiro la sera prima, anzi. Stare a casa ci permette di essere un po’ più sereni e anche un po’ più concentrati. I ritiri una volta erano aggreganti, si stava insieme, si giocava a carte. Adesso iPad, computer, cuffie. Ognuno ha il suo micro-mondo“.
Sui tifosi: “È importante che ci sia sostengo e fiducia, soprattutto per quello che abbiamo passato senza tifosi. Abbiamo capito quanto ne abbiamo bisogno, è importante portarli a vivere le partite con questo entusiasmo“.
Sulla gestione dei campioni: “La difficoltà è soprattutto dei compagni, non tanto nostra. Quando parliamo di campioni parliamo di campioni a livello umano, professionale. Hanno una competitività così forte, interiore che non è difficile allenarli. È più il rapporto che si crea con gli altri… quello che fai tu con il campione può creare qualche situazione un po’ così al limite. Alla fine secondo me la differenza la fa sempre l’intelligenza delle persone del gruppo che alleni. Questi campioni pretendono, e alzano il livello di tutto l’ambiente. Il problema è quando trovi persone o giocatori tra virgolette normali che invece pensano di essere qualcosa di più“.
Sulla comunicazione durante la partita: “Mi piacerebbe farlo di più, io sarei per introdurre il time out anche nel calcio. Poi sarei anche per il tempo effettivo nel calcio, metterei a metà primo tempo un time out per essere con il mio intervento più specifico, più preciso; poi è chiaro, trasferisco tutto nell’intervallo. Cerco di abbinare un po’ di situazioni tecnico tattiche precise con un po’ di motivazione per far viaggiare bene il resto della partita“.
Sull’aiuto dei collaboratori: “Io voglio proposte, idee, ma poi decido io. Però voglio proposte, soprattutto se sono diverse dalle mie perché possono portare a qualche risultato migliore. La cosa che in questo momento mi piace di più è proprio preparare la strategia insieme ai miei collaboratori e vedere quello che mi portano loro, vedere cosa farebbero e poi mettere insieme tutto e prendere una decisione finale. Mi piace di più quando le mie decisioni si rivelano quelle giuste, ma mi è capitato di dire ‘avevate ragione, bene che abbiamo fatto come avete pensato voi’. L’importante è fare una proposta, vuol dire lavoro, preparazione, passione, voglia di portare un contributo“.