Si scrive Bologna, Torino, Roma, Hellas Verona, Newcastle e Inter. Si legge quattro vittorie, un pareggio e una sconfitta. L’inizio di stagione del Milan è quanto di più controverso, nel giudizio, possa accadere: come 90 minuti di una partita come il derby possono cambiare l’umore di tifosi e addetti ai lavori.

Partiamo da un presupposto pacifico: il Milan di Pioli non era il Milan di Sacchi dopo le prime tre partite, ma non è nemmeno il Milan di Giampaolo dopo le ultime tre. È singolare la narrazione e la percezione sui colori rossoneri dopo le prime sei gare dell’annata. La stracittadina persa malamente contro l’Inter ha provocato una reazione talmente fragorosa da dimenticare tutto il resto, almeno fino ad oggi. Non importano i 12 punti in classifica, non importa la prestazione dominante contro il Newcastle solamente 3 giorni dopo l’umiliante sconfitta. Ma è davvero tutto così terribile come lo si dipinge?

A poco più di un mese dall’inizio della stagione, è auspicabile mantenere un profilo basso, anche nei giudizi, soprattutto in una casistica come questa. Dicendo questo non si vuole dimenticare una partita importante come quella contro i nerazzurri, né tantomeno minimizzare la serie negativa contro la squadra di Inzaghi.

Al contempo, però, non è corretto in un’analisi seria elevare esageratamente il peso di quella gara. In primis perché il risultato, per quanto meritato perché l’Inter ha sfruttato tutti gli errori rossoneri, è bugiardo per le forze viste in campo e dovuto ad un calo di concentrazione totale dopo il 70′ (sia chiaro, una colpa della squadra di Pioli). In secundis perché si tratta di uno dei 50 e più incontri che il Milan affronterà tra agosto e maggio, arrivato dopo un mese dal nuovo inizio e solamente tre sfide alle spalle.

Un mese in cui i nuovi del mercato si stanno inserendo in dinamiche e ambienti nuovi, chi più velocemente (Loftus-Cheek, Reijnders e Loftus-Cheek) e chi meno velocemente (Chukwueze, Okafor), chi inizia a far vedere progressi importanti (Sportiello, Musah) e chi ancora aspetta una chance (Pellegrino, Romero). A loro si aggiunge Jovic, l’ultimo arrivato che deve ancora trovare la perfetta condizione e già contro l’Hellas Verona ha fatto intravedere qualcosa.

Un mese in cui l’unica differenza (grande) tra Inter e Milan è lo scontro diretto. Entrambe sono uscite dalla sfida in Champions League non particolarmente soddisfatte, chi per la prestazione (nerazzurri), chi per la poca concretezza nella miriade di occasioni avute.

Un mese in cui gli schemi, le distanze e le geometrie in campo si stanno cercando di trovare con continuità per permettere un gioco più fluido (come quello visto nelle prime tre partite) e rotazioni più sicure.

Non si parla di Pioli in o Pioli out. Si parla di fatti. E di equilibrio. Senza lasciarsi trasportare da isterismi (ora) o troppo entusiasmo (prima). Se vogliamo parlare in termini ciclistici, cari al tecnico emiliano, la stagione è una corsa a tappe, non una classica. Solo chi riesce a dare continuità ne uscirà vittorioso. E per i giudizi definitivi c’è tempo, siamo solo all’inizio.