HomePrimo PianoMilan, un gol dietro l'altro: cambiano gli interpreti ma non il risultato

Milan, un gol dietro l’altro: cambiano gli interpreti ma non il risultato

Tante volte in questo inizio di stagione il Milan è stato accostato ad una macchina da gol. Merito va dato all’apporto di Zlatan Ibrahimovic, che in 10 presenze stagionali ha realizzato 11 gol, ma lo svedese non è l’unico da elogiare. Così, come quando vanno condivise le colpe, anche quando ci sono dei meriti, la condivisione è fondamentale.

Il Milan è squadra ed in quanto tale, anche coloro che giocano meno, partecipano attivamente alle attività. Poi quando arriva la chance di potersi mettere in mostra, questi ragazzi devono essere bravi a saperla cogliere. Questo è quello che sta succedendo in questo inizio di stagione, ognuno è in grado di saper cogliere l’attimo. Cambiano gli interpreti, ma il risultato, anche in zona gol, non cambia.

I numeri del Milan in zona gol

Lo chiameremo Milan 2.0, perché chiamarle seconde linee e o panchinari sarebbe riduttivo. La competizione nella quale i rossoneri 2.0 sono stati maggiormente coinvolti è l’Europa League. È eloquente il dato: 13 punti in 6 partite e 1° posto nel girone. Segno di affidabilità e di tanta voglia di stupire e mettere in difficoltà il proprio allenatore nelle decisioni. La conseguenza di questo impiego nella competizione riflette anche nel dato dei gol realizzati. Infatti, 10 delle 12 reti rossonere nei gironi di Europa League sono state messe a segno da 5 giocatori di questo Milan 2.0. 3 di Brahim Diaz, 3 di Hauge, 2 di Castillejo, una da Krunic ed una da Dalot. Le altre due sono opera di Rafael Leao, in mezzo tra i due Milan, e Hakan Calhanoglu.

In totale le reti realizzate in stagione dal Milan 2.0, in 19 gare totali tra tutte le competizioni, sono state 14 (10 delle quali citate in precedenza). Alla lista si aggiungono quindi la rete di Colombo nei preliminari di Europa League e le 3 reti di Diaz, Castillejo e Hauge in Serie A. Rispetto all’annata precedente sono registrate 3 reti in più di quello che poteva essere il Milan 2.0. 11 furono quelle della passata stagione, ma in 42 gare.

Se vogliamo fare altri confronti con la stagione precedente, i giocatori in gol furono 14, gli stessi di questa. Tuttavia cambia il numero di partite giocate, poiché quest’anno sono appena 19, mentre dello scorso consideriamo l’intera annata (42 gare). I gol totali furono invece 68, sempre in 42 partite. Oggi sono 41 in 19 gare. Da 1,61 di media si passa ai 2,16.

I meriti dell’ascesa del Milan 2.0

Società, allenatore e giocatori. Una piramide sulla quale si fonda un club e sulla quale si è fondata l’ascesa del Milan 2.0. Una volta di più in questo modo viene sottolineato l’unità di intenti e l’unita d’azione di tutto il sistema rossonero.

In primis si parte con la società e la sua politica improntata sulla gioventù. Al Milan sono arrivati giocatori ancora semi-sconosciuti e che stanno rivelando al mondo il proprio potenziale. Di quel Milan 2.0 faceva parte, per esempio, Alexis Saelemaekers, ora passato in pianta stabile negli 11 titolari. Hauge è solo l’ultima intuizione della dirigenza, pagato solamente 4 milioni di euro al Bodø/Glimt. Brahim Diaz e Dalot sono altri due colpi studiati a tavolino, ma su di loro pesa il prestito secco. Tanti nomi che Maldini, Massara & Co hanno reso disponibili a Stefano Pioli.

È proprio l’allenatore rossonero che merita una menzione d’onore. Non è facile gestire un gruppo folto come quello del Milan, pieno di giovani voglioso di farsi notare sul terreno di gioco. Talvolta è possibile creare malumori, ma non sembra questo il caso. Perché Pioli riesce a fare una cosa che altri suoi colleghi faticano di più a fare, ovvero coinvolgere tutto il gruppo. Non ci sono gerarchie, tutti possono avere la possibilità di esprimersi. Chi più, chi meno, ma tutti sentono la fiducia del mister, tutti si sentono parte del progetto Milan. Se questo accade, molto del merito va dato al tecnico emiliano.

Infine i giocatori, capaci di cogliere le opportunità. In loro s’intravede la voglia di stupire, quella voglia, di cui si parlava in precedenza, di mettere in difficoltà l’allenatore. Hauge, Dalot, Diaz, Castillejo, ma anche tutti gli altri membri del gruppo che hanno meno spazio. Sono tutti focalizzati non sul bene personale, ma sul bene collettivo, della squadra. Forse questo è il pregio più grande dei calciatori che oggi vestono la maglia rossonera.

Samu Castillejo – Milanpress, robe dell’altro diavolo

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