Eusebio Di Francesco ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Sky Sport al termine della sfida persa per 3-1 dal suo Frosinone contro il Milan. Ecco le sue parole.
Su Pioli: “La sua coerenza, la capacità anche nei momenti difficili di mantenere una linea e lo fa anche adesso. Lo ringrazio per i complimenti, detti da un allenatore del suo calibro e della sua intelligenza mi fanno enormemente piacere“.
Sulla partita: “Mi è sembrato un po’ di rivivere la partita con l’Inter in cui abbiamo fatto un ottimo primo tempo e poi abbiamo subito gol nel finale. Loro sono stati più bravi nel momento importante della gara a concretizzare quello che hanno creato. Il portiere non ha avuto troppi problemi. Il Milan è stato squadra, è stato compatto e ci ha rispettato. Abbiamo proposto un calcio piacevole, ma loro nelle situazioni importanti sono andati sopra. Non cambierà l’idea. Questa squadra è nata per proporre un certo tipo di gioco, non siamo riusciti questa sera a portare a casa il risultato. Ora vogliamo anche recuperare i giocatori che abbiamo fuori e ci daranno una mano“.
Sull’annata del suo Frosinone: “Sognare perché no? E mantenere i piedi per terra perché no? Con la consapevolezza che in campo c’erano 9 giocatori nati dopo il 2000. Gli errori fatti li impareremo. Peccato perché torniamo a casa a mani vuote da San Siro e sarebbe stato gratificante per questi ragazzi tornare con un buon risultato da qui“.
Sul suo periodo fermo: “Essere critici nei propri confronti, guardarsi dentro e ascoltare le persone giuste. Ne ho sentite tante, anche cose brutte dette verso l’uomo Eusebio. Penso che i nipoti siano stati la cosa più bella di questo periodo. Ogni volta che penso a qualcosa che non va, penso a loro che mi cercano e mi dicono nonno. Loro mi danno la forza per credere in me stesso. L’autocritica che mi sono fatto? La gestione di alcune situazioni, nell’essere distruttivo in alcuni momenti nei miei stessi confronti. Ho modificato anche il mio modo di vedere il calcio, meno integralista e meno schematizzato. È stato il mio sforzo e il mio modo di crescere. Penso che il calciatore, come tutti gli uomini, sia fatto di tanti aspetti e quello psicologico fa la differenza. Ognuno porta i suoi principi di gioco. Cercavo di venire a San Siro a fare la partita anche quando allenavo il Sassuolo. Voglio dare ai ragazzi il sorriso e la gioia di allenarsi. Non importa se hanno davanti giocatori come Maignan, devono essere sé stessi ed essere squadre. Io non ho mai parlato del mio calcio, ma delle mie idee. Credo in certe cose e cerco di trasmetterle alla mia squadra“.
