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Calabria: “Vi racconto il mio percorso e com’è rinato il Milan: ora sta tornando quello di una volta”

Pochi giorni fa vi abbiamo riportato una parte dell’intervista rilasciata da Davide Calabria ai microfoni della rivista bimestrale Undici. Il difensore rossonero ha parlato anche di altri aspetti: ecco le sue restanti dichiarazioni.

Difficile di sicuro perché è un percorso che sembra quasi scontato e non lo è. Penso che un ragazzo che è cresciuto nel settore giovanile magari ha più possibilità di esordire, ma poi è più difficile rimanere, perché c’è il rischio che ti vedano sempre come il ragazzino che eri. Sono stati anni, gli ultimi bellissimi, ma con molti momenti non facili. Quindi sono ancora più soddisfatto del percorso fatto. Soprattutto per uno come me che è sempre stato tifoso del Milan prima ancora di arrivarci. È uno dei sogni più grandi che ho realizzato“.

Sui cambiamenti: “Ci sono dovuto passare per forza. Io vedo il calcio ancora come un gioco, come qualcosa di bello e divertente, poi purtroppo o per fortuna è diventato anche un vero lavoro“.

Sul suo percorso: “Sono sempre stato sicuro dei miei mezzi. Anche i primissimi anni in cui giocavo poco ed entravo spesso a partita in corso, perché mi vedevo in allenamento e capivo, anche se ero un bambino, che avrei potuto giocare di più, anche se ero più minuto degli altri. Mi sono sempre reputato intelligente da un punto di vista calcistico e questa cosa mi ha sempre portato a credere in me. Poi ho capito che avrei potuto giocare veramente ad alti livelli, credo al secondo di Primavera. Già facevo un po’ di prima squadra e mi sentivo già pronto per poter fare il salto tra i professionisti. Poi non sono partito subito titolare, ma come aggregato. Le mie prestazioni con Mihajlovic l’hanno portato a confermarmi. È stato un bel percorso“.

Sul Milan degli ultimi anni: “Si può dire quel che si vuole, ma il Milan degli ultimi anni, per quanto poi è sempre stato un club blasonato, non era il vero Milan. Da un punto di vista dello stemma e della storia, ovvio, lo sarà sempre. Ma è anche ovvio che ci sono stati dei momenti di grande difficoltà, è un dato di fatto. Quindi sono molto contento, soprattutto da tifoso, che questa nuova società stia mettendo la stabilità, sia dal punto di vista economico che di ambizioni, di mentalità, di progettualità e anche di visibilità. Adesso il Milan sta tornando il Milan di una volta. La squadra è studiata bene, ha delle basi solide e non è facile venire a San Siro da avversari“.

Sulla frustrazione di aver giocato negli anni bui del Milan: “Lo pensi se non ti interessa più di tanto, ma se ti senti parte del progetto vuoi, prima di tutto per te stesso, cercare di risollevare la squadra. Perché tra essere ultimo ed essere primo ti cambia completamente anche te. Ti senti meglio, gratificato per il lavoro che fai tutti i giorni“.

Sull’assenza dei tifosi allo stadio: “All’inizio è stato molto brutto. È stato complicato, la prima l’abbiamo persa contro il Genoa. Non riuscivi ad avere la stessa adrenalina, la stessa concentrazione, ti viene da viverla quasi come un’amichevole. Capendo poi la situazione mondiale, della vita vera, lo stadio vuoto lo percepisci poi come una conseguenza giusta per uscire da una situazione critica che riguarda la vita stessa. Quindi poi l’abbiamo accettata e capita bene, perché da lì in poi abbiamo fatto cose bellissime. Da una squadra in fase di sviluppo ad arrivare dove siamo arrivati l’anno scorso è sicuramente un bell’inizio“.

Sul fatto che si dica che il Milan abbia sfruttato l’assenza del pubblico: “Chi dice una cosa del genere non è mai stato su un campo di calcio“.

Sul ritorno dei tifosi allo stadio: “Anche lì è stato strano all’inizio. C’eravamo abituati a sentire il miste dalla parte opposta del campo e adesso non riesci a parlargli nemmeno a 10 metri. Sicuramente da un punto di vista dello spettacolo, giocare in uno stadio vuoto è più brutto, non c’è dubbio, ma da un punto di vista prettamente tattico, invece, era positivo perché riuscivi a parlarti, a correggere cose in corsa in un momento di difficoltà, che adesso con i tifosi fai fatica perché non riesci a parlare“.

Sul loro supporto: “Anche in questi anni, che non sono stati positivi, ci sono sempre stati a sostenerci. Sono stati pazienti, hanno capito la situazione e hanno capito che non era facile per nessuno“.

Sulla Nazionale: “Detto sinceramente pensavo di meritarmi prima la chiamata. Adesso sono stato chiamato più volte, purtroppo per le ultime volte ho avuto dei problemi fisici e non sono riuscito a dare il contributo che avrei voluto. È ovvio che mi sia dispiaciuto per l’Europeo, anche perché immagino sia stato fantastico vivere in quel gruppo“.

Sull’importanza del benessere mentale: “In questi ultimi due anni ho capito che la testa è più importante di qualsiasi preparazione atletica, fisica e tattica. Perché se rientro da un infortunio che fisicamente non sono ancora al 100%, ma di testa sono libero e sono sicuro dei miei mezzi, sono sicuro che farò una grande partita. Se sto bene al 100% fisicamente, ma mentalmente ho delle insicurezze, magari dovute a problemi esterni, che è una cosa che spesso si sottovaluta, purtroppo tu entri in campo che devi cercare di mettere da parte quelle cose e qualcuno può fare più fatica. Perché sarai concentrato su altre situazioni e non sul campo. È un gioco, ma per tutto quello che ci sta intorno non lo è più“.

E continua: “Siamo ancora indietro di decenni nel calcio e non solo in Italia. Vogliamo sembrare tutti bravi, tutti forti. Ma tutti hanno problemi nella vita quotidiana. È un problema culturale, più ampio del calcio. Infatti io a volte non sopporto tutta questa attenzione data al calcio rispetto a temi molto più importanti della vita quotidiana“.

Sugli impegni sociali: “Questo mondo mi ha portato a crescere più in fretta del previsto e penso di essermi formato prima come uomo. Ho tantissime cose ancora da imparare e vorrei fare un sacco di cose extra-calcio. Vorrei approfondire e conoscere di più certi temi politici e sociali. Per me, non per farne una carriera. Solo che adesso faccio fatica a starci dietro come vorrei“.

Sul modello di Rashford: “Adesso come adesso sarebbe però un impegno molto ampio dal punto di vista mentale. Sicuramente nell’ultimo anno ho lavorato tantissimo e mi sono concentrato solo su questo perché volevo arrivare dove volevo arrivare da un punto di vista calcistico. Penso di essere riuscito ad affermarmi, ovvio che adesso non è che sono a posto e basta. Ma mi piacerebbe dedicarmi un po’ di più a cose di questo genere. Certo che in Italia è difficile. Forse adesso sono ancora troppo giovane. Ma sono sicuro che più avanti ci dedicherò più tempo. Il percorso del Milan è appena iniziato, vorrei alzare ancora un po’ l’asticella“.

Atalanta-Milan: Davide Calabria, Juan Musso e Joakim Maehle (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Atalanta-Milan: Davide Calabria, Juan Musso e Joakim Maehle (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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