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Tra Kalulu e Hauge: il bivio di Adli nel suo futuro al Milan

Cinquantaquattro minuti. Tanto è stato impiegato dal Milan Yacine Adli in questa primissima parte di stagione da Stefano Pioli: 29′ contro il Bologna a risultato già in cassaforte, 17′ nel confuso e sterile finale di Reggio Emilia contro il Sassuolo, appena 8′ nella sconfitta interna contro il Napoli, quando il ragazzo di Vitry-sur-Seine è stato mandato in campo nel tentativo disperato e poi vano riacciuffare i partenopei. Ancora troppo poco per poter esprimere una prima impressione su un giocatore arrivato a Milanello dopo un anno di “parcheggio” al Bordeaux, una stagione complicatissima per i Girondini terminata con una clamorosa retrocessione.

Adli, un’estate da protagonista

Il Milan ha investito 10 milioni su Adli, un classe 2000 dotato di bel talento ma che ad oggi è ancora un oggetto misterioso. Presto per parlare di “caso” – se c’è una squadra che sa attendere i giovani senza bruciarli precocemente quella è il Milan e gli esempi di Tonali e Leao in questo hanno fatto scuola – ma è curioso come il francoalgerino sia finito nelle retrovie delle scelte pioliste dopo un precampionato incoraggiante e in cui è stato spesso uno dei fulcri del gioco offensivo rossonero. Adli aveva ben impressionato nelle amichevoli di luglio e agosto, calcio estivo certo ma i segnali erano stati comunque positivi.

Milan, Yacine Adli - Milanpress, Robe dell'altro diavolo

Una trequarti affollata

Poi qualcosa è cambiato: in primis l’arrivo di Charles De Ketelaere, l’investimento più importante della coppia Maldini-Massara, che ha reso ancora più affollata una trequarti che poteva contare anche su Brahim Diaz e all’occorrenza su Rade Krunic, due fedelissimi di Pioli. Lo stesso tecnico emiliano è stato chiaro sul ruolo del 22enne: Adli è un trequartista puro, difficilmente adattabile sugli esterni o in mediana e mai provato da mezz’ala in previsione di un possibile passaggio al 4-3-3. E così Yacine si ritrova idealmente a un bivio, con la sua parabola che potrebbe ripercorrere due strade, decisamente molto diverse tra loro.

Kalulu e Hauge: destini opposti

Da un lato quello di Pierre Kalulu, dall’altro quello di Jens Petter Hauge. Il francese è arrivato come un carneade, a una cifra irrisoria e senza alcuna presenza da professionista; il norvegese era un nome totalmente sconosciuto al grande pubblico, prima della serata di gloria con la maglia del Bodo nel preliminare di Europa League giocato a San Siro che convinse la dirigenza rossonera a scommettere su di lui. I percorsi dei due giovani alla corte di Pioli sono stati però l’uno l’opposto dell’altro.

L’illusione Hauge

Kalulu non ha trovato spazio nei suoi primi 4 mesi rossoneri, poi ha saputo farsi largo nelle gerarchie anche grazie agli infortuni dei compagni di reparto e la scorsa stagione si è preso le chiavi della difesa milanista blindandola insieme a Tomori e Maignan e risultando tra gli artefici del 19esimo scudetto. Hauge invece era partito benissimo trovando il primo gol con il Milan nella trasferta di Glasgow e ripetendosi nello 3-1 al San Paolo, poi è pian piano sparito nei radar, tra gli interrogativi dei tanti che si chiedevano perché Pioli avesse accantonato un giocatore che sembrava poter rappresentare una risorsa in più.

Quale destino per Adli?

La risposta nelle successive sporadiche apparizioni, in cui Hauge non sembrava nemmeno parente del talentino brillante che si metteva in mostra sulla fascia sinistra. Emblematica la partita contro la Sampdoria, in cui nonostante il gol del pareggio in extremis, il biondo scandinavo sbagliò praticamente tutto. A fine stagione la cessione in prestito all’Eintracht, che lo ha poi riscattato e girato al Gent, in Belgio: non esattamente il futuro che si prospettava all’inizio dell’esperienza milanista. Ora tocca ad Adli riuscire ad affermarsi e far sì che la sua storia al Milan diventi più simile a quella di Kalulu che a quella del norvegese.

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