Francesca Vitale è una colonna portante del Milan Femminile. Il difensore classe ‘92 ha rilasciato una lunga intervista a Milano Vibra, parlando a 360° della sua esperienza di calciatrice.
Francesca, siamo di fronte ad una crescita importante del movimento. Che cosa è cambiato per voi?
«L’aspettò più gratificante è che oggi abbiamo la possibilità di essere calciatrici a tutti gli effetti: è il nostro lavoro. E dobbiamo solo dire ringraziare alle società che ci credono».
Come descriveresti il vostro calcio?
«Bisogna essere dentro per comprenderne le dinamiche: una nostra forza è la passione che si vede in campo. Abbiamo iniziato dal nulla, eppure non saltavamo un allenamento. Ci abbiamo sempre messo tutto per fare in modo che il calcio diventasse anche per noi una professione».
Cosa diresti a chi cerca ancora di paragonare il vostro calcio a quello degli uomini?
«Diciamo che, a livello fisico, calcio femminile e maschile sono diversi. Extra campo, invece, le differenze non sono poi così tante. Certo, giochiamo in stadi più piccoli, ma il club tratta le sue due prime squadre assolutamente allo stesso modo».
E i tifosi?
«Quando hanno la possibilità di farsi sentire, sono un sostegno maggiore. È fondamentale avere al nostro fianco gente che crede in noi».
Pensi che il Covid abbia dilatato eccessivamente i tempi per voi?
«Di certo abbiamo sofferto per questo stop, non è stato facile non terminare il campionato dello scorso anno. Ci è dispiaciuto tanto, avevamo ancora tanti obiettivi in ballo e ci giocavamo l’accesso in Champions».
Com’è stato ritrovarsi?
«È stato emozionante riprendere gli allenamenti. Il Milan ci ha dato la possibilità di ripartire già a maggio, grazie a un’osservanza dei protocolli che non tutte le nostre avversarie hanno potuto garantire in tempi così rapidi».
A livello atletico, temete il virus?
«Siamo molto attente, facciamo controlli frequenti e conduciamo una vita praticamente monastica per evitare il contagio. Però direi che non ci fa paura, l’importante è essere rigorosi e lavorare sulla prevenzione».
Cosa ti manca di più della “vita di prima”?
«Vedere i miei amici e trascorrere con loro preziosi momenti di condivisione. Servirebbe anche all’umore, inutile nasconderlo».
Intanto in campionato è una lotta a suon di record fra voi e la Juve.
«Loro sono molto forti e continuano a rinforzarsi ogni anno. Ma noi non siamo da meno e la campagna acquisti di quest’estate è lì a testimoniarlo. Nella gara di andata a San Siro, abbiamo perso pur giocandocela sul filo di lana. Quando arriveremo allo scontro nel girone di ritorno (il prossimo 7 marzo, ndr), saremo pronte per dare il massimo».
Qual è stata la vittoria più bella di quest’anno?
«Prima di Natale abbiamo avuto tante partite difficili, all’ultima – quella contro il Sassuolo, ndr – siamo arrivate stanche. E giocavamo contro la terza forza della Serie A. Per quello che era il momento, è stata una vittoria cruciale che ci ha dato tranquillità per arrivare serene alla pausa».
Tra l’altro prendete pochissimi gol.
«Siamo una buona squadra, con tantissimi buoni elementi. Tra noi difensori abbiamo un’ottima intesa. E poi il primo obiettivo è sempre quello di non prendere gol: così è più facile farli».
Quanto conta l’esperienza di Ganz in panchina?
«Ha uno spirito prezioso, da ex calciatore del Milan tiene spesso a sottolineare l’importanza di vestire questa maglia. Cerca di trasmetterci la mentalità: noi dobbiamo dare il massimo sempre, dobbiamo conquistarci tutto. Per noi è come il dodicesimo uomo in campo».
Non a caso, avete anche recuperato tante partite “alla Ganz”.
«Le abbiamo recuperate in extremis proprio perché non ci siamo mai arrese. È questa la mentalità che è riuscito a trasmettere a tutte».
Miti d’infanzia?
«I miei idoli di quando ero piccola erano Nesta e Thiago Silva, mi piacevano tantissimo insieme. Ho provato a rubare loro qualche segreto, sono due grandi giocatori. E non è un caso se sono sempre stati i miei preferiti».
Sembrate molto affiatate tra voi. Qualche aneddoto da spogliatoio?
«Quello che succede nello spogliatoio è sacro, rimane tutto lì».
Sicura?
«Posso solo dire che Linda Tucceri ne ha sempre per tutte, è un continuo fra scherzi e battute. Diciamo che è un po’ la mascotte della nostra squadra».
Quale etichetta va tolta alla donna, oggi?
«Per fortuna siamo riuscite a toglierne tante, per gli amanti del calcio è ormai una piacevole tradizione del fine settimana vedere le donne giocare a calcio. Questo è avvenuto grazie alle televisioni: ormai chiunque può seguire anche le nostre partite».
E Milano, la tua Milano, cosa rappresenta per te?
«È tanto, tutto. È la mia infanzia, la mia famiglia. Ho ricordi bellissimi, qui ho studiato e sono cresciuta».
Giocavi a calcio già durante gli anni di scuola?
«Sì, era il periodo delle prime convocazioni nelle giovanili azzurre. Facevo tantissime assenze, è stato un momento duro. Il sabato, ad esempio, non potevo proprio andarci a scuola. I miei professori non hanno mai capito l’importanza del calcio per me: tornavo dalle settimane in Nazionale e mi interrogavano subito in tutte le materie».
E i tuoi compagni come vivevano questa tua carriera parallela?
«In tanti non capivano l’impegno che ci mettevo. Molte volte dovevo rinunciare a qualche uscita oppure direttamente alle vacanze. Complicato, insomma».
E hai fatto anche l’università.
«Scienze motorie a Milano. È stato un percorso diverso. Alcuni anni sono stati duri, ma quando sei giovane vuoi fare tante cose. E alla fine trovi un equilibrio».
Hai un posto preferito a Milano?
«Adoro Brera. Ma sono anche affezionata ad alcuni bar e ristoranti che ho frequentato negli anni con gli amici. Li porto sempre con me nel cuore».
Musica che prediligi?
«Ascolto un po’ di tutto, mi piace la musica italiana. Da piccola ero fan di Ligabue, ora ascolto tantissimo i Coldplay».
Hai una canzone che ti carica particolarmente prima di scendere in campo?
«Ultimamente ascolto una playlist di Ed Sheeran. Ma non chiedermi perché (ride, ndr)».
Adesso è il momento giusto per?
«Per fare quel salto di qualità che aspettiamo da anni, lo dico personalmente e anche professionalmente. Continuiamo a lottare per diventare professioniste. Diamo il massimo per goderci questo mondo. E per cambiare le cose, ancora».