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Maldini: “Del calcio mi mancano spogliatoio, paura ed emozione. Leao ha un grande talento. Provai a portare Messi al Milan, poi…”

Dopo l’addio al Milan in estate, l’ex direttore dell’area tecnica rossonera è tornato a parlare per la prima volta e l’ha fatto direttamente a teatro, ospite di Giacomo Poretti nel suo PoretCast. Le dichiarazioni:

Perché sempre al Milan: “È difficile che un giocatore cominci e finisca nella stessa squadra. Ai miei tempi non c’era la moda di andare all’estero. Ho avuto la fortuna di trovare una squadra e un Presidente Berlusconi che avevano i miei stessi obbiettivi”.

Mondiale 2002: “Sapevo già che sarebbe stata la mia ultima esperienza con la Nazionale, quindi per me uscire voleva dire interrompere quella cosa bellissima che era la Nazionale. Giocare per l’Italia, sentire l’inno, è un’esperienza travolgente. Finirla con l’arbitro Moreno… Nel 2002 le squadre non si incrociavano per dare la mano. Tommasi aveva l’abitudine di dare la mano all’arbitro, ma lui ha rifiutato, lì abbiamo capito qualcosa… Gliene abbiamo dette veramente tante”.

Il Mondiale 2006: “Nel 2006 Lippi venne da me per convocarmi. Dissi che non ce la facevo. Iniziavo ad avere dolorini e volevo essere al massimo per gli ultimi anni della carriera. Poi hanno vinto quindi direi che dopo quattro Mondiali il problema ero io (ride, ndr)”.

Il provino al Milan: “Ho cominciato ai giardini, in zona sud di Milano, andavo alla scuola Leonardo Da Vinci, poi la Pio X. All’epoca non ti potevano tesserare prima dei 10 anni, quindi ho aspettato quell’età per andare a fare un provino al Milan. Mi chiesero quale ruolo facessi e risposi: “Che ruolo libero c’è?”. Infatti iniziai ala destra, poi a 14 anni difensore. Mi fece firmare mister Braga, nella sua relazione c’era scritto che non stavo mai fermo”.

Il calcio di oggi: ” “Ho iniziato con i Baresi e i Bergomi e ho finito coi Pato e i Pirlo. Ho vissuto diverse generazioni di calciatori. Le generazioni non sono cambiate ma è cambiato – in peggio – la pressione. I social gli creano tante aspettative. Spesso anche le famiglie creano aspettative. In famiglia ti vedono come il diamante grezzo e si aspettano tanto da te e magari a volte il ragazzo non è in grado o non riesce a reggere la pressione al 100%. Il calcio è uno sport di squadra, ci sono ragazzi di varie etnie, non devi pensare solo a te stesso ma al bene della squadra. Capita di dover lavorare solo per il tuo compagno perché per lui non è una giornata positiva. Non sempre i ragazzi hanno la coscienza del potere che hanno sui tifosi”.

I derby:Ho iniziato a giocare abbastanza giovane, quando arrivi nello spogliatoio ti rendi conto come stai, se bene o meno, è tutta una questione di tensione. Abbiamo fatto anche dei derby in Champions League, ti ricordi? (ride ndr) In quel caso la tensione era ai massimi livelli. Poi dopo quando hai una certa età aspetti solo quella partita. Quando mi chiedono cosa mi manca rispondo l’ambiente dello spogliatoio e quel misto tra paura ed emozione prima della partita, il contatto e l’adrenalina della gente. 80 mila persone sono tante. Sono quello che ha fatto più derby di tutti“.

Differenze da calciatore a dirigente: “C’è una differenza enorme. In una ‘subisci’ il risultato e nell’altra ‘determini’. Io soffrivo tantissimo e mi agito. Ricky Massara invece soffriva ma in silenzio. L’allenatore non lo farò mai. Vedevo mio papà che aveva sempre la valigia pronta. Poi magari incontri qualche Presidente un po’ così…non me la sentivo. Quando ho smesso sapevo cosa non volevo fare”.

Sacchi e Guardiola: “Sacchi non essendo stato calciatore ha studiato davvero tanto per arrivare a livelli altissimi, ha raggiunto vette importanti. Guardiola? Un personaggio da studiare, riesce ad incidere in campo e fuori dal campo, ti plasma a 360 gradi”.

Su Leao: “Rafa è un grande talento, aldilà che faccia calcio, modello o cantante, ha qualcosa di importante. Mi ha chiesto di far uscire il disco due giorni prima della partita, gli ho risposto che non era un problema ma avrebbe dovuto segnare due gol il sabato, non segnò ma fece assist (ride ndr). La cosa più bella di questi anni sono proprio i rapporti personali, lui è arrivato dal Lille, era un grande talento ma doveva ancora dimostrare. Il rapporto che si crea con loro è la cosa più bella che ti rimane, più dei trofei e delle partite vinte. Sono sempre dei rapporti personali, ti metti a disposizione per formare questi ragazzi”. 

La vittoria più importante: “La prima volta che vinci ti rendi conto che puoi vincere. Il primo Scudetto con Sacchi mi ha fatto capire di poter vincere e mi è rimasto impresso.”

La sconfitta più pesate:Quando perdi una finale Mondiale o una semifinale contro Maradona non è facile, anche con il Milan ad Istanbul, avevo segnato dopo 40 secondi. Dopo il gol ho pensato: “Serata strana, per segnare io in finale di Champions dopo 40 secondi…”.

Su Messi: “Chi vorrei acquistare? Penso che un calciatore come Messi sia uno spettacolo per tutti, anche se ormai è tardi, quando leggevo che poteva andare all’Inter ero amareggiato. Per 10 giorni ho provato a portarlo al Milan ma poi abbiamo capito che era impossibile”.

Rafael Leao e Paolo Maldini (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Rafael Leao e Paolo Maldini (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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