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Elliott impone il salary cap, il futuro resta complicato

La costruzione e l’ennesima rivoluzione in seno al Milan del futuro sarà quasi certamente sotto l’insegna del salary cap. La proprietà, che resta saldamente in mano al Fondo Elliott, non vuole più sperperare denari per fare mercato e le restrizioni imposte dal fair play finanziario impongono una certa austerità finanziaria. Gli addii in serie dei vari Leonardo, Gattuso, Boban e probabilmente anche quello di Maldini, hanno avuto tutto un unico comune denominatore: la differenza di vedute sulla costruzione della squadra. Al comando del timone resterà Ivan Gazidis che rappresenta, almeno per quel che riguarda la gestione del Milan, il braccio operativo dei Singer. L’ad sudafricano ha già ampiamente dimostrato di voler lavorare in un certo modo, senza troppe interferenze altrui e con un’autonomia decisionale abbastanza marcata. Lo scenario più probabile che continua a prospettarsi per i prossimi mesi è quello che vede lui come decisore principale e Ralf Rangnick alla guida della parte tecnica.

Ma si tratterà a tutti gli effetti di un effettivo ridimensionamento? Dal punto di vista dei risultati sarà difficile fare peggio degli ultimi anni e di questa prima parte della stagione, quindi i tifosi rossoneri sperano vivamente in un’inversione di tendenza. Vero è che, però, con un tetto massimo imposto agli ingaggi fissato a due milioni di euro, sarà difficile costruire una squadra di primo livello, almeno nel futuro più immediato. Prima di tutto perché, un salary cap fissato a quella cifra e senza eccezioni, costringerebbe il Milan della prossima stagione a fare a meno di Donnarumma, Romagnoli ed Ibrahimovic. Al netto dei discorsi differenti relativi ai loro contratti e al loro attuale stipendio, una loro partenza costringerebbe la dirigenza ad andare alla ricerca di un portiere, un difensore centrale che possa essere un leader dell’intero reparto e una prima punta. Difficile trovare sul mercato gente pronta, all’altezza e che percepisca anche uno stipendio che non superi i due milioni.

Il salary cap, insomma, cozzerebbe con tutti i proclami di crescita, di un Milan che possa tornare al più presto competitivo fatti da società e dirigenza dall’inizio della loro avventura italiana. Un mercato impostato come l’estate scorsa difficilmente porterebbe miglioramenti sostanziali nella rosa. Ammesso e non concesso che si possano pescare jolly come quelli trovati con Theo Hernandez, Ismael Bennacer e Ante Rebic, con bravura, lungimiranza e competenza, il Milan avrebbe comunque bisogno di solide basi da cui ripartire, di esperienza e personalità. Tutte virtù e qualità che, al di là della carta d’identità di un calciatore, non si trovano facilmente e per acquistarle o assicurarsene bisogna pagarle, ma soprattutto mantenerle, a peso d’oro. Ad una squadra già giovanissima di suo e che in questa stagione prima dell’arrivo di Ibra aveva dimostrato più volte di patire la mancanza di esperienza e carattere, il salary cap potrebbe impedire di fare quello step fondamentale in termini di personalità.

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