La notizia del giorno, ormai della settimana, che diventerà dell’anno è che Ibrahimovic e Lukaku hanno spostato l’attenzione mediatica sulla – brutta – discussione avvenuta in campo in occasione del derby di Coppa Italia. Frasi razziste, spari in testa, Sanremo che salta, squalifiche, scuse e audio che mostrano un lato del calcio triste e poco d’esempio per il nostro Paese. Un momento basso, che ha visto Milan e Inter in contrapposizione nelle figure dei due giganti, in quei momenti, neanche troppo buoni. In casa Milan si parla di questione chiusa, Maldini ha parlato con Ibra, Ibra ha parlato con Pioli, Ibra e Pioli hanno parlato con il resto della squadra. Un momento di nervosismo che può starci in un una gara decisiva e molto sentita, con gesti e parole sicuramente evitabili. Ma tant’è.
Questo è il passato, ora resta da capire cosa comporterà questa parentesi che non resterà sul campo di San Siro. Si parla di possibile squalifica, con la Procura che potrebbe dire la sua. Insomma, qualsiasi sarà la decisione: poco da dire, lo spettacolo è stato di quelli da dimenticare il prima possibile. Senza essere moralisti, questo non è il calcio che ci piace. La sponda rossonera si trova inevitabilmente a fronteggiare anche – e soprattutto – la questione razzismo, a più battute allontanato dal calcio. La nostra analisi, chiuso il preambolo per rinfrescare la memoria, comprende una foto postata da Theo Hernandez sui social.
La foto ritrae la squadra rossonera e quella nerazzurra, una di qua e l’altra di là, ai poli opposti i due giganti dell’attacco. Una foto, se vogliamo, brutta, dal significato poco sportivo. Le due squadre stanno infatti separando i due, apparsi molto infastiditi al termine del primo tempo. Inutile nascondere che la rissa sia stata sfiorata, ma anche qui ci allontaniamo dal tema cardine. Theo posta questa foto con la didascalia: “Dio appoggiato dai suoi soldati“. Dio nella figura di Ibra, i soldati tutti i rossoneri in difesa dello stesso minacciato dal collega Lukaku. Anche in questo caso è uscito lo spirito di squadra, ma la domanda sorge spontanea: è passato il giusto messaggio? La squadra è consapevole della gravità della questione? La presa di posizione è chiara e se vogliamo doverosa nei confronti di un compagno di squadra ma il rischio di un cambio di mentalità di questi giovani ragazzi potrebbe compromettere l’intera stagione. Giusta la vicinanza, ma necessario un distacco e una consapevolezza che la persona fa il calciatore e il calciatore è tale sulla base di caratteristiche morali.
In questi casi, è anche difficile trovare un punto dove termina il torto e inizia la ragione. La questione non sarà archiviata sino alla decisione sulle sanzioni ed eventuali squalifiche dei due, resterà senz’altro una macchia su una stagione sin qui da ricordare. Ci auguriamo, da ricordare per altro.