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Stop al Decreto Crescita: la competitività della Serie A in Europa rischia di risentirne

Quella del 31 dicembre 2021 non è certo una bella notizia per la Serie A. Già sufficientemente indietro a livello di competitività rispetto ad altri campionati europei, il torneo nazionale rischia di subire pesanti conseguenze con la fine delle agevolazioni fiscali previste dal Decreto Crescita. Si tratta, infatti, della tassazione agevolata di cui hanno fin qui beneficiato i club ingaggiando giocatori residenti all’estero nei due anni precedenti il loro arrivo in Italia. Tanto per fare un esempio calzante per tutti, è stato uno snodo fondamentale per favorire il Milan nell’operazione Ibrahimovic nel gennaio 2020. Non solo. Tante società hanno infarcito le rose delle giovanili di elementi provenienti dall’estero.

Lo scontro che si è generato è stato tra le società stesse, che vorrebbero usufruire dello sgravio, e l’Assocalciatori che da tempo caldeggia l’abolizione della norma per non penalizzare la crescita dei giocatori italiani. La richiesta del sindacato pare aver fatto breccia nel Governo al punto che dal 1 gennaio 2022 la norma potrebbe sparire definitivamente. Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo, parlando di una legge di Bilancio blindata dall’Esecutivo quanto tradizionalmente oggetto di emendamenti rivoluzionari in sede di approvazione parlamentare.

Solo Lega e Cinque Stelle potrebbero trovarsi alleati nella difesa di un decreto legge varato dal Governo allora sostenuto proprio da Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Il cosiddetto “Rientro di cervelli” in Italia si è trasformato in “Rientro dei piedi”. Il Decreto del 2019, di fatto, abbassò dal 70 al 50 per cento la quota di reddito totale percepito da cui si ricava l’Irpef da versare allo Stato. Il vantaggio fiscale previsto dall’allora governo Conte vale per almeno cinque anni per il lavoratore si impegna “a risiedere in Italia per almeno due anni. Inoltre, la norma non impone limiti di reddito, né minimi né massimi, per chi può beneficiare di queste nuove agevolazioni.

Ad esempio, proprio nel 2019 il difensore della Juventus Matthijs De Ligt venne ingaggiato per uno stipendio di 7,5 milioni di euro netti l’anno, per cinque anni. Con le regole precedenti al “Decreto Crescita”, l’olandese sarebbe costato alla società oltre 13,6 milioni di euro l’anno. Con quelle successive, va a bilancio per circa 10 milioni di euro l’anno.

Il vero tema da porre, semmai, sta nello status quo. Nonostante questa concreta agevolazione la Serie A ha perso “pezzi da novanta” proprio nell’ultima sessione di mercato (vedi Cristiano Ronaldo e Lukaku). I club si ritrovano a fare i conti con bilanci in rosso, nonostante la possibilità di fruire di sgravi importanti. E la situazione da gennaio è destinata a svoltare: o in peggio con progressivo e inesorabile impoverimento della Serie A, o in meglio spronando finalmente i club a puntare di più sui vivai.

Milan: Zlatan Ibrahimovic - Milanpress, robe dell'altro diavolo
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