Il terreno di gioco di San Siro in quest’ultimo periodo sta facendo discutere, ne ha parlato anche l’allenatore dell’Inter nel post di Inter-Venezia. A chiarire la situazione quest’oggi è Giovanni Castelli, agronomo a cura del manto erboso dello stadio. Ecco le sue dichiarazioni:
Sulla soluzione per recuperare dai problemi del campo: “L’unica vera soluzione è il riposo. Si gioca troppo, il prato non riesce a recuperare nonostante la manutenzione. Capisco che i calendari siano intasati e ci sia poco spazio, ma almeno le soste vanno rispettate: ne va del gioco e della salute“;
Sul San Siro dal punto di vista estetico: “Esteticamente non è il massimo, ma rispetta i parametri Uefa in fatto di anti infortunistica e livello di prestazione. Ma giocando con questa frequenza, anche a 24 ore di distanza tra una partita e l’altra, qualsiasi prato soffrirebbe. Finché ci saranno due squadre che giocano anche le coppe in uno stesso stadio, il problema si riproporrà“;
Sull’utilizzo di San Siro: “L’utilizzo dello stesso impianto da parte di due squadre è un problema non limitato a San Siro, per quanto riguarda la Serie A. San Siro è una pentola con coperchio: c’è poca luce, poca aria, un ambiente malsano. D’inverno ristagna l’umidità, d’estate c’è il caldo torrido. All’Olimpico di Roma, per esempio, la situazione è ben diversa, visto che è uno stadio aperto e c’è anche la pista di atletica, permettendo condizioni più ventilate“;
Ancora sull’utilizzo: “Negli ultimi anni è sempre stato a un livello medio-buono, se non eccellente. Cosa che non era negli anni Novanta e Duemila, quando facevamo anche dieci rizollature all’anno. Sono circa sette anni che al Meazza si utilizzano varie tecniche incrociate per garantire al campo le condizioni migliori, riassumibili in quattro punti“;
Sulla manutenzione: “Il primo punto è l’impianto di riscaldamento con funzioni antigelo: oltre a non far gelare il terreno si mantiene una temperatura minima, attorno ai dodici gradi, così da permettere all’erba di crescere anche d’inverno. Poi l’impianto di drenaggio, mutuato dai prati di golf negli Stati Uniti: ci sono tubazioni nel sottosuolo a 40 centimetri di profondità da cui traspira aria con funzioni di raffreddamento, oppure, viceversa, i ventilatori assorbono l’acqua in superficie. Ancora, le luci fotosintetiche, che si accendono di notte, come in una serra: queste lampade producono una luce che corrisponde a quella solare, visto che il sole, normalmente, non riesce a raggiungere il prato di San Siro data la conformazione degli spalti. Infine, la manutenzione: da un lato la presenza di cinque giardinieri in via permanente, a cui se ne aggiungono altri tre-quattro in occasione dei match (è importante “curare” il campo a fine gara, per esempio riparando gli strappi e i buchi che si creano nel corso dei novanta minuti). Dall’altro l’utilizzo della cosiddetta manutenzione pedestrian (a piedi): sul terreno di San Siro non vengono utilizzati macchine o trattori, visto l’eccessivo calpestio abituale, ma si fa tutto a mano“;
Sull’impiego del terreno ibrido a San Siro: “Avere un terreno ibrido assicura una serie di vantaggi: la plastica del sintetico protegge l’erba naturale e si rovina di meno con l’azione dei giocatori. Ma, contrariamente a quanto si può pensare, la manutenzione di un campo misto è ancora più difficile, perché devi trovare il modo di far convivere l’erba naturale e quella sintetica: se trovi l’alchimia giusta, allora hai un vantaggio. Ma non ovunque serve un terreno ibrido: non serve, per esempio, dove il calpestio è più limitato (perché magari gioca una squadra sola), oppure dove le condizioni naturali sono più favorevoli, come all’Olimpico“;
