L’ex difensore della Juventus Sergio Brio è oggi un mental coach e Gazzetta.it lo ha contattato per parlare del Milan e nello specifico di uno dei problemi della squadra rossonera: le piccole. Ecco la sua analisi.
Su cosa possa scattare nella testa dei giocatori dopo una grande vittoria: “Un po’ di rilassamento. Snobbi l’avversario perché il nome di quell’avversario ti induce all’errore. Ovviamente parlo da osservatore esterno, ma direi che da un lato al Milan è mancata la consapevolezza di essere primo in classifica. Ovvero scendere in campo con l’obiettivo di dettare legge sotto l’aspetto mentale“.
E continua: “L’altro aspetto è la capacità di porsi allo stesso tempo alla pari dell’avversario anche se chi sta davanti si chiama Salernitana. Quello è il salto finale per diventare una grande squadra. E ve lo dice uno che sarebbe felice se Pioli diventasse campione d’Italia perché se lo merita ed è un allenatore che usa bene la psicologia. Si vede da come tratta i suoi ragazzi, che lo stimano e seguono. Pioli è umanamente è un fuoriclasse“.
Se sia colpa in parte anche di Pioli: “No, perché ogni allenatore che si rispetti sa dare gli stimoli giusti alla squadra. La molla deve scattare nei calciatori. Il problema delle squadre di fascia alta che perdono colpi quando non dovrebbero, va ricercato più colpa nei giocatori che nel tecnico. Più che altro riguarda la mentalità dei singoli, specie di quelli più tecnici, che tendono a fidarsi troppo dei propri mezzi“.
Su come preparare la sfida all’Empoli: “La parola d’ordine dev’essere ‘dimentichiamo Napoli’, poi ricordare che l’Inter ha una partita in meno e che per adesso non si è ancora conquistato nulla. Nel più classico del giocarsela partita dopo partita. Un allenatore comunque si accorge subito se la squadra non gira come deve: basta osservare la partitella a fine allenamento“.
Su quanto possa contare il lavoro mentale di un tecnico in percentuale rispetto alla parte fisica: “Molto, dal 60 al 70 per cento. E deve essere presente anche la società: se un giocatore sbaglia approccio, va sostenuto anche dalla dirigenza“.
Su Ibrahimovic: “Fisicamente corre poco e parla troppo per i miei gusti, ma mentalmente è un numero uno: dà sicurezze e una grande mano ai compagni. Ce lo vedrei molto bene nelle vesti di mental coach“.
