3 anni per costruire il Milan campione, 7 partite per distruggerlo. Così apre la Gazzetta dello Sport, che apre un’indagine sulla responsabilità del collettivo. Tensioni dirigenziali, passaggi di proprietà, una squadra senza voglia…ecco come è caduto il Diavolo.

Non è arrivato Botman, che doveva rinforzare il granitico reparto difensivo, in quel momento il migliore in Italia. Non sono arrivati Renato Sanches ed Enzo Fernandez, che dovevano sostituire il partente Kessiè. Sono arrivate (buone) scommesse, quando il Milan meritava delle certezze. Certezze, quelle che dovevano dare un campione d’Europa in Origi e un talento come De Ketelaere: bocciati entrambi.

Prima della pausa invernale si pensava al rientro in campionato e come fermare il super Napoli. Il ritiro di Dubai ha mostrato come i rossoneri si siano lentamente sgretolati, anche se qualcosa si era visto contro il Torino e contro la Cremonese. Forse, proprio la tappa degli Emirati Arabi Uniti ha stancato un gruppo e lo ha scomposto, e le amichevoli sono state predizioni fatali sul continuo in Serie A.

Poi il Mondiale, dove Theo e Giroud hanno mostrato di avere una grande condizioni, ma con la lingua fuori per l’affaticamento. Leao si è immerso nella spinosa situazione rinnovo, e non sorride più come prima. Il Milan senza questi 3 si è rivelato poca roba.

Riprende il campionato, ma è l’inizio della fine. 5 sconfitte in 6 partite, 16 gol presi e 3 obiettivi persi in pochi giorni. Le prove tattiche fallite e l’umiliazione del derby: il Milan ha alzato bandiera bianca, anche se poteva andare ben diversamente, partendo dall’estate passata da campione.