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Abbiati: “In finale vedo il Milan favorito, ma il Bologna è pericoloso e in una partita secca può succedere di tutto. Maignan? Va tenuto, difficile trovarne alla sua altezza”

L’ex Milan Christian Abbiati ha rilasciato una lunga intervista a Sportweek per ricordare la Coppa Italia vinta nel 2003, ma anche per parlare di quella di mercoledì e del Milan attuale. Queste le parole di Abbiati:

Sulle sue prestazioni in finale con la Roma: “A Roma parai con la mano di richiamo un tiro “a giro” di Cassano. Eravamo ancora 0-0. Ricordo un’altra parata in tuffo su Cafu. Ma l’intervento che mi è rimasto impresso è quello di San Siro su Totti, sempre lui. Tirò in piena area, mi allungai e riuscii a deviare in angolo. Mi rialzai ed esultai a pugni chiusi, voltandomi verso i tifosi”.

Su come prepararono la partita con la finale di Champions qualche giorno dopo: “C’era tensione. La Champions valeva molto di più, ma la nostra era una squadra abituata a vincere, e non si stancava di farlo. Perciò tenevamo anche alla Coppa Italia, che peraltro il club aveva conquistato l’ultima volta vent’anni prima. A Roma andiamo sotto 0-1, poi gliene facciamo quattro nel secondo tempo. Negli spogliatoi ci dicemmo: ‘Dài, questa è andata. Quasi’. Tante riserve per la Champions? Sì, ma in quegli anni il Milan aveva comunque delle seconde linee, come si chiamano oggi, di alto livello”.

Sul match di ritorno: “Alla fine è stato veramente bello fare il giro di campo con i trofei della Coppa Italia e della Champions League tra le mani. È una delle emozioni che mi porterò dentro per sempre”.

Se la differenza tra quel Milan e questo è data dai giocatori: “Credo di sì, ma non conosco il Milan attuale, quindi non posso giudicare. Però conosco il Milan di allora: una famiglia, a partire dal presidente Berlusconi, passando per Galliani e Braida, fino a noi giocatori. Che passavamo tanto tempo assieme, formando un gruppo di uomini e grandi campioni. Eravamo davvero un pezzo unico che andava dritto per la sua strada. Avevamo la cosiddetta mentalità vincente: entravamo in campo sicuri di portare a casa il risultato. Poi capitava che non ci si riuscisse, ma in partenza la convinzione era quella”.

Sulla finale di mercoledì: “Il Milan può essere considerato favorito per tradizione, cifra tecnica e così via. Ma il Bologna è pericoloso, per gioco e risultati sta confermando l’ottimo rendimento di un anno fa e questo va a merito di Italiano che in panchina ha sostituito Motta. Poi è una partita secca, può succedere di tutto”.

Se il 3-4-3 lo convince: “Mi convince o no, poco importa. Sta portando risultati, quindi ben venga”.

Su Leao: “Con le qualità che ha, può dare qualcosa di più, però io sono per delizia, non per gettargli addosso la croce. Gli va trovata, secondo me, una collocazione in campo diversa, una dimensione più “giusta”. Dovrebbe giocare un po’ più vicino alla porta. Ma i suoi allenatori non la vedono in questo modo e, visto che io allenatore non sono, avranno ragione loro…”.

Se Maignan è da tenere: “Sì: è difficile trovarne altri alla sua al- tezza. Io ho un debole per Donnarumma, ma Maignan è un ottimo portiere”.

Sui giocatori da cui ripartire: “Secondo me sono anche più di tre, ma le scelte dovranno essere fatte sulla base delle idee dell’allenatore, vecchio o nuovo che sia. Quest’anno è mancata la conti- nuità, nelle prestazioni prima ancora che nei risultati”.

Su come si ottene la continuità: “Di sicuro, quando io arrivai al Milan imparai dai Costacurta, Maldini, Albertini, eccetera. Se vuoi imparare, impari. Alessandro Nesta ha detto una cosa verissima: il Milan è più grande di qualunque campione possa andarci a giocare. Arrivare al Milan è solo un punto di partenza; restarci è la cosa più difficile. E ci resti solo col lavoro e il sacrificio, il sacrificio e il lavoro”.

Milan: Mike Maignan (Photo Credit: IPA Agency)
Milan: Mike Maignan (Photo Credit: IPA Agency)

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