L’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport ha realizzato una lunga intervista all’ex portiere del Milan, Sebastiano Rossi: “Come giudico la mia carriere? Buona, ottima. Tirato su titoli, grandi coppe e anche qualche record personale. È andata molto bene. Ragazzi, ho giocato in “quel” Milan. Ho sempre detto che poteva andar meglio? Parlo per me. Ho detto, e lo ripeto, che mi sarebbe piaciuto giocare anche il Mondiale nel 1994. Avevo vinto lo scudetto e la Coppa dei Campioni con il magico Milan. Ricorda? Atene, il 4-0 al Barcellona. Ma il ct Sacchi ha fatto altre scelte. Ha convocato la difesa del Milan, il centrocampo del Milan, ma non il portiere del Milan. Non ci sono rimasto bene, ma me ne sono fatto una ragione. Insomma, dai, sarebbe stato bello giocare e magari vincere anche un Mondiale. Sai che triplete…”
Rossi prosegue: “Io sono arrivato dal Cesena al Milan, chi lo immaginava? Nelle giovanili del Cesena volevo piantare tutto. Avevo 15 anni e avevo preso una cotta tremenda per una ragazza. Non volevo più giocare, non me ne fregava più niente, pensavo solo a lei. Arrigo Sacchi mi convinse a continuare, mi ha parlato da amico, da fratello. Mi diceva: ‘Ma scusa, non puoi fare due cose insieme? L’amore è bello, Seba, ma anche l’amore per il calcio non è da buttar via’. Aveva ragione. Arrigo è un grande, gli sono riconoscente. Come con il presidente Berlusconi: lui ci voleva bene, ci difendeva, ci aiutava, nel momento del bisogno era sempre presente. Berlusconi era grande e ha fatto grande il Milan. Noi eravamo i suoi ragazzi, io ero felice di stare con lui, in quella squadra. Ci ha fatto diventare Invincibili“.
Ancora Rossi: “Io ero un portiere molto freddo, anche se c’è chi sostiene il contrario. Ancora dicono che litigavo con tutti. Non è vero. La vicenda con Bucchi? E’ successo una volta. Sa quante partite ufficiali ho fatto col Milan? 330. Può succedere, questione di adrenalina. Mi sono incazzato, e sa perché? Dopo il gol su rigore di Nakata, Bucchi è venuto a prendersi il pallone dentro la mia porta. La mia. Non si fa così. Gli ho dato un colpetto, ho pagato, mi sono beccato cinque giornate, io non ho mai voluto perdere. In quella squadra c’era un po’ di alternanza. C’è sempre stata. Allora, chiariamo: io non ho fatto la guerra a nessuno. C’erano competizione e rivalità, questo sì. Giocavamo sempre per vincere, io per non prendere gol, anche nelle partitelle di allenamento“.
Rossi conclude: “Non c’era seduta che uno di noi non uscisse con una ammaccatura o un taglio: funzionava così ed era bellissimo. Mi sono sempre impegnato e divertito, anche quando andavo in panchina. Ero al Milan, con giocatori e allenatori straordinari. Ho lavorato con Bigon, Lippi, Sacchi e altri. Ho imparato da tutti. Con Fabio Capello è stata un’altra storia. Era diverso, perché era diverso quel Milan. C’era sempre, mi piace ricordarlo, il profumo della vittoria. Sono state stagioni particolari, indimenticabili. Eravamo bravi ragazzi. Il calcio di oggi? Lo seguo poco, quasi niente. Mi fermo ogni tanto a dare un’occhiata ai portieri, così per deformazione professionale. Mi piace Donnarumma, è il più bravo. Poi Carnesecchi e Meret. Sono loro il futuro“.
