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Ibrahimovic tra infortunio e possibile rinnovo. Quando e chi dovrebbe decidere la fine di una carriera? Un addio come quello di Ambrosini mai più

L’infortunio alla coscia accusato da Zlatan Ibrahimovic durante la sosta delle nazionali e le contestuali voci di un possibile prolungamento di contratto fino al 2024, hanno aperto come prevedibile un dibattito tra i tifosi su come dovrebbe porsi la società.

Come potete immaginare anche all’interno della nostra redazione le opinioni sono difformi e tutte ugualmente rispettabili. Ieri abbiamo approfondito la fazione del “perché no”, mentre quest’oggi valuteremo la possibilità del “perchè si”.

La premessa è che Zlatan non è un giocatore qualunque, non lo è per il Milan, non lo è in generale per il Calcio. Esiste una categoria a parte, di Campioni, di Fuoriclasse, di Leggende, per cui le leggi non scritte di questo gioco tendono a non valere.

Per questa speciale tipologia di calciatori è corretto che vi sia carta bianca su come e quando metter fine alla propria carriera. Questa libertà di scelta la deve il club alla propria Leggenda, in segno di riconoscenza, stima e rispetto.

Molte volte i tifosi si arrabbiano quando il giocatore X non si mostra riconoscente e va via magari a 0, come i milanisti negli ultimi anni sanno molto bene. Queste partenze hanno infastidito più per aspetti morali che per questioni sportive. Ebbene, quando si parla di riconoscenza è corretto pensarla in entrambe le direzioni, altrimenti non sarebbe coerente pretenderla da parte dei calciatori.

Ibrahimovic merita di poter scegliere. Lo merita per il fatto di aver dato tutto al Milan, sbarcando nel gennaio 2020 nella sua seconda vita rossonera in piena transizione, in una squadra che non centrava la qualificazione Champions da molti anni, con lo spauracchio di essere una nobile decaduta, senza chance di risalita. Ebbene da allora il Diavolo ha ritrovato il suo posto nelle top 4, la Champions League e perfino uno Scudetto, risultati tutti acquisiti grazie ai suoi gol e dal sua carisma.

Quando Zlatan tornò a Milan in molto sorridevano quando poneva l’asticella sulla possibilità di tornare a vincere. Molti tifosi avversari, qualche addetto ai lavori e anche alcuni milanisti. Sembrava la frase fatta del vecchio leone che poneva un obiettivo irrealizzabile per il gusto di far vedere di essere un Campione in mezzo a ragazzini. E invece no, il Milan ha vinto, da underdog in un rush finale contro l’Inter, qualcosa che ricorderemo per molto tempo.

Ora il primo a sapere di non esser più decisivo è lui stesso. Nel 2020 per firmare chiese 7 milioni all’anno, oggi poco più di 1, in pratica uno stipendio di status o poco più. Lo fa capire nelle interviste, lo lascia intendere con le battute e la sua ironia. È una persona intelligente prima che uno sportivo.

Concediamogli la paura di smettere. Concediamogli un altro anno da quella parte della barricata. Potrebbe essere il modo più dolce affinché resti anche un domani come dirigente. Se il Milan è tornato quantomeno parzialmente il Milan, in Italia e in Europa, è sopratutto grazie alla sua mentalità e al suo coraggio. Quello che potrà dare davvero sul campo forse non sarà molto, ma come diceva Rudy Tomjanovich alla fine del secolo scorso: “Never underestimate the heart of a Champion“.

Milan: Zlatan Ibrahimovic (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Milan: Zlatan Ibrahimovic (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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