HomePrimo PianoPioli, altro che normalizzatore. La forza di un Milan camaleontico

Pioli, altro che normalizzatore. La forza di un Milan camaleontico

Stefano Pioli era arrivato a Milanello con l’etichetta del normalizzatore, quello che sistema le cose e non inventa nulla, quello che cerca di infondere fiducia grazie alle sue doti umane e senza fare miracoli. Il Milan preso in carico a metà ottobre, non ce ne voglia Mister Marco Giampaolo, era un Milan vuoto, scarico, senza idee, un Milan troppo brutto da vedere e che aveva già rasentato il ridicolo con delle prestazioni, più di una in realtà, da zero occasioni create in tutti i 90′. In punta di piedi e senza fare troppi proclami il tecnico parmigiano è arrivato e, a testa bassa, ha cominciato a lavorare, come fa un buon padre di famiglia, prima sulla testa e sull’autostima dei giocatori e poi sulla tattica e sugli schemi. Due mesi, quelli iniziali, così e così, in cui la squadra ha anche offerto delle buone prestazioni, come per esempio nelle trasferte vittoriose di Parma e Bologna, ma in cui non aveva mai convinto del tutto, con la prestazione e la figuraccia di Bergamo che aveva fatto toccare uno dei punti più bassi della storia rossonera. Dopo la sosta natalizia e il pareggio al rientro contro la Sampdoria, ecco la svolta facilitata anche dall’arrivo di Zlatan Ibrahimovic.

Pioli, altro che normalizzatore. La svolta tattica di gennaio

Dopo il deludente pareggio interno contro la Sampdoria, come detto, il Milan cambia pelle e Mister Pioli abbandona l’atavico 4-3-3 legato a doppia mandata con il Milan nelle ultime stagioni e passa ad un 4-4-2 camaleontico che ben presto diventerà, soprattutto in fase di possesso, un più eclettico e offensivo 4-2-3-1. Il cambio di schema e di idea di proposta di gioco viene introdotto sicuramente grazie all’arrivo di Zlatan Ibrahimovic, ma anche grazie al coraggio del tecnico rossonero, che decide di far fuori lo spagnolo Suso, elemento insostituibile per tutti gli allenatori del Milan passati da Milanello dalla seconda parte del 2016 in poi, e di mettere gli altri calciatori nel loro ruolo più naturale. Gli esterni non giocano più a piede invertito (Castillejo o Saelemaekers sono destri e partono a destra etc) e Calhanoglu viene lasciato libero di inventare e muoversi dietro le punte. Sarà la svolta. Anche grazie all’esplosione di Rebic, da esterno largo a destra prima, ma anche da prima punta mobile dopo, e all’apporto fondamentale dei due centrocampisti, Bennacer e Kessie, che fanno da diga a centrocampo, il Milan comincia ad esprimere il suo gioco migliore, sia nella fase pre lockdown che ora alla ripresa del campionato.

Pioli, altro che normalizzatore. Il 4-2-3-1 che ha cambiato il Milan

La forza di questo Milan, soprattutto di quello visto dopo la sosta forzata per il Covid19, che ha collezionato 13 punti sui 15 disponibili e offerto grandi prestazioni, segnando tre gol di media a partita, sta soprattutto nella capacità dei suoi interpreti offensivi di muoversi, non restare fissi e non lasciare punti di riferimento. Grazie anche alla cerniera di centrocampo formata dallo straripante duo Bennacer-Kessié che sta garantendo tantissima sostanza, corsa e anche discreta tecnica ed inserimento, i quattro che svariano davanti, mettono in difficoltà tutte le avversarie con i loro movimenti interscambiabili e ad alta velocità. A parte l’esterno alto di destro, Castillejo prima dell’infortunio e adesso il belga Saelemaekers, che rimane pressoché largo sulla sua fascia di competenza, gli altri tre si muovono in continuazione e non lasciano punti di riferimento. Calhanoglu, Bonaventura e Paquetà non sono mai fissi dietro la prima punta o sull’out di sinistra, ma cambiano spesso la loro posizione e lo stesso fa la prima punta, con Ibrahimovic che viene spesso dietro a ricevere palla e a liberare i suoi compagni per far male alle avversarie. Movimento di cui ha beneficiato più di chiunque altro Ante Rebic, semplicemente incontenibile con il nuovo modulo, ma nell’ultimo periodo anche Rafael Leao che, facendo i dovuti scongiuri, pare essere finalmente e definitivamente sbocciato. Anche lui grazie alle idee, al lavoro e al Milan camaleontico di Stefano Pioli.

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