11 vittorie su 12 partite, primo posto assoluto in campionato e nel girone di Europa League, il tutto con un delta di mercato positivo tra entrate e uscite. E’ vero che è passato solo un breve scampolo di stagione ma il rendimento del Milan in rapporto ai soldi spesi sul mercato è a dir poco eccezionale. Sorprendente, ma fino a un certo punto perché i prodromi di questa scalata si erano già intravisti nelle 12 partite senza sconfitta del post lockdown della scorsa stagione. I due segmenti di 12 partite con in mezzo un mercato fatto più di cessioni che di acquisti non sono un caso.
E hanno un comune denominatore. Che si chiama Paolo Maldini. Bisogna riconoscerlo, questo è il primo vero Milan che porta in calce la sua firma. La sua e solo la sua. L’ex grande capitano, dopo aver rifiutato la poltrona dirigenziale propostagli da Fassone durante la misteriosa proprietà “cinese”, era tornato al Milan per coadiuvare Leonardo nell’estate della seconda rivoluzione societaria in due anni. Aveva provato in tutti i modi a proteggere e aiutare Gattuso in panchina, ma si era da subito trovato in contrasto con Gazidis. Per il bene del Milan aveva mantenuto un profilo più basso nella dialettica interna rispetto a Leonardo e Gattuso che infatti a fine stagione avrebbero deciso di andarsene. Bilancio finale: quinto posto in campionato e un delta di 100 milioni spesi sul mercato. Proprio nell’ottica di fare il bene del Milan Maldini è rimasto anche a collaborare con Boban e in questo suo secondo anno a Casa Milan è stato sicuramente più protagonista nelle scelte strategiche e di mercato.

La scelta di Pioli e il ritorno di Ibra sono state sicuramente le operazioni in cui la coppia composta da Boban e Maldini si è esposta maggiormente. I due, molto uniti, si sono poi trovati a dover fronteggiare l’imposizione della rivoluzione Rangnick pianificata da Gazidis. Entrambi hanno reagito duramente e a mezzo stampa nello scorso febbraio, ma Paolo si è fermato un centrimetro prima del Croato tanto è che l’ad sudafricano ha licenziato in tronco solo Boban. All’epoca però, tutti erano convinti che a fine stagione se ne sarebbe andato anche Maldini, esattamente come Ibra e Pioli. E invece dopo il lockdown questi tre hanno costruito dentro e fuori dal campo una squadra molto unita, a dispetto di Gazidis e delle sue rivoluzioni teutoniche. I risultati sono arrivati anche sul campo, inaspettatamente, al punto da costringere Gazidis a ricredersi e a fare retromarcia su Rangnick. Il Milan ha chiuso la stagione con un sesto posto e un saldo complessivo di mercato di soli 20 milioni spesi. Il resto è storia di questi giorni con un mercato fatto in fretta e furia, ritagliato nel brevissimo stop tra le due stagioni. Un mercato in cui per la prima volta il Milan ha incassato più di quanto non abbia speso.

Possiamo dire perciò che questo 2020 è stato il primo vero anno di Maldini artefice delle scelte di mercato e in qualche modo plenipotenziario del Milan. Maldini ha forzato la mano alla “proprietà” per la conferma di Pioli e per il rinnovo di Ibra e di Kijaer. Ha operato con astuzia e tempismo nel riscatto di Rebic. E’ intervenuto personalmente nella concessione dei prestiti di Dalot e Diaz rispettivamente con Manchester e Real Madrid, un anno dopo aver già sperimentato gli ottimi rapporti con la “casa blanca” nell’affare Hernandez. Maldini ha dato il via libera alla linea giovane con la conferma di “primavera” tipo Gabbia o Colombo, la fiducia a Leao, che aveva scelto insieme a Boban e gli innesti di giovani promesse semi-sconosciute come Saelemaekers e Hauge. Lo stesso Maldini ha messo firma e faccia sul “colpo Tonali”, l’unico vero e proprio esborso significativo. Ma oltre al mercato in entrata e al lavoro di costante cementificazione del gruppo dentro e fuori dal campo, l’ex capitano ha dovuto risolvere tutta una serie di spinose situazioni ricevute in eredità dal passato. Mi riferisco per esempio ai pesanti contratti di panchinari come Reina e Rodriguez, alle intricate questioni André Silva e Paquetà per i quali era impossibile non realizzare una minusvalenza, all’obbligata partenza di Laxalt, altro dal quale era difficile ricavare soldi e infine alla cessione definitiva di Suso con colossale plusvalenza. Oltre a tutti quetsi giocatori “da far partire” a tutti i costi, le vecchie gestioni societarie alternatesi in modo schizofrenico e repentino hanno lasciato a Maldini alcune belle matasse da sbrogliare con i rinnovi di contratto dei giocatori più importanti. Contratti gestiti malissimo, con durate portate a ridosso della scadenza e conseguente rischio di partenze “a parametro zero”. I nomi sono quelli di Donnarumma, Ibra e Calhanolgu in scadenza nel 2021 (liberi di firmare con chiunque tra due mesi esatti), ma anche Kessiè e Romagnoli in scadenza 2022. Su questi rinnovi delicati è stato realizzato uno specifico video di approfondimento da Cristiano Ruiu TV: https://youtu.be/ENOhky0OL_Q.
Una volta sistemati questi 5 delicatissimi rinnovi di contratto Maldini potrà davvero dedicarsi al rafforzamento della squadra previsto per gennaio e per il prossimo giugno. Il tutto compatibilmente con un bilancio che all’ultimo esercizio ha fatto registrare un rosso da record e questa è un’altra ragione per cui il lavoro di Maldini, svolto con un occhio al campo e un occhio ai conti, assume un valore assoluto ancora superiore. Giustamente quello che adesso è primo in classifica viene celebrato come il Milan di Ibra o il Milan di Pioli, ma io credo che sia giusto tributare i giusti meriti a chi da una situazione a dir poco disastrosa ha saputo in pochi mesi costruire una squadra vincente, appunto capitan Paolo Maldini. Il primo dirigente che in questi ultimi anni ha messo il bene del Milan davanti a tutto. Anche davanti a se stesso.
