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Se dobbiamo ripartire da Gazidis…

Qualche settimana fa, dopo la trasferta di Firenze, parlavamo di alibi e capri espiatori. Le scelte arbitrali parevano esser state fondamentali in una partita che, per il suo andamento, il Milan avrebbe dovuto vincere ad occhi chiusi.
Oggi, dopo il Milan-Genoa più surreale di sempre (e, sì, che i Milan-Genoa di storie particolari ne hanno vissute), tutto appare ancora più chiaro: si potrà parlare dell’emergenza sanitaria e sociale, del match a porte chiuse, perfino del caos societario, ma la sostanza è che ieri i pochi – pochissimi – a San Siro hanno assistito ad una delle partite più sconclusionate degli ultimi anni.
E sì che ce ne sono state di partite del genere in queste stagioni così tribolate, ma la magnificenza sta nel riuscire sempre a rinnovarsi, regalando spettacoli inediti. Cosa ha funzionato ieri contro il Genoa? Poco, praticamente nulla. Se non una timida, tardiva reazione che ha illuso i tifosi davanti alla tv poco prima dell’80’. Ibra a parte, anche le poche sicurezze sembrano pian piano svanire: Theo Hernandez non è più quello d’inizio stagione, la fase difensiva fa acqua da tutte le parti, mentre Pioli – nel silenzio del Meazza – è l’unico che difficilmente si sente al contrario di un Nicola particolarmente gagliardo nell’incitare i suoi.
Insomma, solo un’emergenza sanitaria come quella che stiamo affrontando poteva in qualche modo offuscare il livello da esaurimento sportivo che un club come il Milan si trova ancora una volta ad affrontare dopo anni di errori, incertezze, campagne acquisti strampalate mixate ad acquisti tanto intelligenti quanto sterili. Siamo ancora qui, a ripartire da zero. Con una faida interna fra dirigenti con pochi precedenti al suo attivo, con Boban “esiliato” da Gazidis e Maldini che, nel mentre, si abbassa al livello di Mirabelli. Sembra di vivere un incubo dove il campo da gioco conta sempre meno. E dove è difficile scovare qualcuno che a questo club, ai piani alti, voglia ancora un bene disinteressato.
Da dove ripartire? È la domanda che a questo punto, con una stagione agli sgoccioli (sempre se riuscirà ad arrivare al suo epilogo), siamo destinati a farci. Ci sarà ancora un futuro per Maldini nella società che è sempre stata casa sua? Resterà Ibrahimovic? E Donnarumma? Sarà l’estate di Raiola, insomma? Gazidis, uno dei dirigenti meno amati e compresi del post Berlusconi, si è affrettato a confermare Pioli mentre l’ombra di Rangnick è sempre più ingombrante. L’immagine solitaria dell’ex Arsenal ieri sugli spalti del Meazza racconta molto più di quello che dice. Come direbbero quelli bravi, «è davvero complicata la solitudine, è un misto di orgogliosa libertà e disperato sconforto». Più sconforto, al momento.

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