Arrigo Sacchi, in vista di Napoli-Milan di questa domenica, ha rilasciato un’intervista a Il Mattino in cui ha parlato del momento delle due squadre e di alcuni giocatori. Di seguito le parole di Sacchi:
Se è un match scudetto: “Sono li davanti, nel gruppo delle squadre di vertice insieme all’Inter e alla Juve. Se la giocano e saranno nel mucchio fino alla fine. È evidente, però, che Napoli e Milan siano due collettivi in difficoltà. Riguardo il Napoli, lasciamo tempo a Garcia: è un allenatore nuovo, deve far rendere i giocatori, deve difendere o scudetto che è già una grande responsabilità”.
Su chi risente di più sulla situazione attaccanti, con Osimhen infortunato e Giroud in difficoltà: “Nessuna squadra paga dazio a priori perché il calcio non è un uomo ma un collettivo. Il Napoli lo ha già dimostrato: vince anche senza Osimhen, così come il mio Milan ha vinto lo scudetto con Van Basten che giocò poche partite intere e poi ha alzato al cielo la Coppa dei Campioni con Gullit a mezzo servizio. Dunque il Napoli resta solido, può vincere a prescindere dall’assenza del suo bomber. Il problema è capire come vince”.
Sul modo con deve vincere: “Qui si apre un discorso sul famoso giuoco tanto caro a Berlusconi, che diceva vincere, convincere, divertire. Giocare bene non è forma, non è dettaglio: giocare bene è il primo passo per vincere e per restare competitivi a lungo. Poi i in Europa, dove il calcio è più evoluto e mettono al centro spettacolo e collettivo, l’Italia e le nostre italiane di Champions ne escono con le ossa rotte. Avete visto il Napoli a Berlino?”.
Sul fatto che gli azzurri abbiano vinto comunque: “Certo, verissimo. Però non ha dato spettacolo. Non mi sono piaciute la cifra del gioco e la distanza tra i reparti. Vincere aiuta a vincere, d’accordo. Però vincere non fa sempre bene, se non sei abituato a farlo. Vedo giocatori un po’ spenti o forse un po’ sazi, alcuni di loro forse si sentono arrivati. Non riconosco più Lobotka. Prima era uomo ovunque e non perdeva palloni. Adesso è un giocatore diverso. Chi non correva con me non giocava. Vale per tutti. Se io fossi l’allenatore, lo farei ancora adesso. Vale ache per qualche milanista”.
Se ha un esempio: “Leao l’anno scorso ha fatto la differenza nelle sfide ravvicinate con il
Napoli. Però Leao è Leao se corre, se scatta. Se non corre, io non lo faccio giocare. Talvolta per i giocatori occorre anche il pugno duro”.
Sul Napoli-Milan dell’1 maggio 1988, vinto 2-3 dai rossoneri: “Manifesto della civiltà, perché i napoletani sugli spalti furono correttissimi, riconobbero la nostra superiorità di gioco e ci applaudirono. È un ricordo forte: è cultura dello sport ma anche capacità di riconoscere i meriti di un avversario. Accadeva nello stadio di Diego, oggi intitolato a lui”.