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Milan, doveroso puntare allo Scudetto. La serenità di Ibra è l’arma in più

Dopo 19 partite di campionato il Milan è ancora in testa alla classifica. Avete letto bene: 19. E dopo 19 partite da capolista non solo è legittimo, ma anche doveroso puntare decisamente al 19esimo scudetto. Proprio quel 19esimo scudetto che sembrava cosa fatta quando Ibra, sempre lui, segnava quello splendido gol del 2 a 1 alla Roma a S. Siro nella primavera del 2012. I giallorossi sembravano l’ultimo vero ostacolo sulla strada del titolo e invece dopo quella gara il Milan inciampò malamente tra Catania, Fiorentina e Bologna, con in mezzo l’eliminazione ai quarti di Champions per mano del Barcellona. La stagione finì molto male, con lo spogliatoio spaccato tanto quanto la società e Ibra se ne andò incazzato nero con Galliani perché lo cedette dopo avergli assicurato che sarebbe rimasto. In quella primavera il mal di pancia di Ibra post Champions e la spaccatura all’interno dello spogliatoio furono determinanti per il sorpasso della Juve di Conte. Forse pensando proprio a quelle settimane in cui il Milan poteva vincere tutto ed invece perse tutto, Ibra è tornato nella “sua” Milano con in testa il pazzo sogno di riportare lo scudetto sulla “sua” maglia preferita. Una follia quando Ibra la esternò nello scorso luglio, una realtá adesso, dopo 19 giornate. Questo per ribadire ancora una volta che senza Ibra non si parlerebbe neanche lontanamente di Milan da scudetto. Forse nemmeno da quarto posto. È inutile ricordare ancora una volta in che condizioni tecniche e ambientali versavano i rossoneri prima dell’arrivo dello svedese. A questo proposito sottolineiamo le parole di Maldini che ieri in un’intervista per la prima volta ha rivelato: “Volevamo prenderlo già nel 2018, poi nel 2019 siamo riusciti a convincere Elliott (alias Gazidis ndr)”. Testimonianza chiara di come il “progetto Ibra” era già in nuce nel Milan di Gattuso e che, se fosse stato per il manager sudafricano, non sarebbe mai arrivato.

Tornando all’attualità e acclarata la straordinaria e imprescindibile centralità di Ibra nella metamorfosi del Milan, abbiamo particolarmente apprezzato la sua ritrovata serenitá nella gara di domenica scorsa contro il Crotone. Spieghiamo perché. Lo abbiamo detto più volte: Ibra è un trascinatore incredibile in campo e fuori dal campo. Con la sua forza mentale prima ancora che fisica è riuscito a trasformare uno per uno tutti i giocatori e tutti coloro che lavorano intorno al Milan. E questo Ibra lo fa perché pretende da tutti il massimo, a partire da se stesso. Questa irrefrenabile voglia di vincere e questo suo irrinunciabile perfezionismo lo porta ad accumulare una grande tensione nel corso della stagione. Una tensione che spesso lo porta a mandare fuori giri il suo potentissimo motore. Non tanto dal punto di vista fisico quanto sotto l’aspetto nervoso. È una sorta di corto circuito che spesso ha contraddistinto le annate italiane di Ibra. E che si è palesato soprattutto nei gironi di ritorno. Sfociando spesso in corpose squalifiche. Era accaduto con la Juve, con l’Inter e anche in entrambi gli anni di Milan. Proprio in periodi tipo quello descritto all’inizio dell’articolo. Spesso in concomitanza con la rapida consecutivitá di partite con in palio punti pesanti e/o gare ad eliminazione diretta. Ecco quella stessa situazione si è palesata o meglio si stava palesando in quegli 8 giorni racchiusi tra Atalanta e Bologna. Prima il duro scarico di responsabilità all’indirizzo dei compagni dopo la sconfitta contro i bergamaschi, poi la sceneggiata nel derby con Lukaku e infine il rigore sbagliato a Bologna. Tre segnali che, per chi ha analizzato tutta la carriera di Ibra, costituiscono un campanello di allarme. È un segnale chiaro: è il classico momento in cui Ibra si deve fermare, rasserenare e smaltire la tensione. Stavolta Ibra la lunga squalifica l’ha soltanto sfiorata per la rissa del derby, infatti la Procura Federale non procederà con una sanzione extra, come spiega l’approfondimento di Cristiano Ruiu TV che linkiamo: https://youtu.be/kK9n8jHcYW4
Ma la deposizione in Procura, con tanto di rassicurazioni ricevute dall’autoritá e la settimana di lavoro tranquillo a Milanello hanno contribuito a rasserenare Ibra e i risultati si sono visti contro il Crotone. Ibra ha capito da solo che il suo “andare fuori giri” stava rischiando di compromettere lo straordinario lavoro svolto finora come bomber e come guida del Milan. Ed è tornato il sereno motivatore che Milanello apprezza da oltre un anno. Tutto un altro Ibra, dal punto di vista della mentalità e dello spirito di squadra, rispetto a quello che se ne era andato 9 anni fa.

A questo punto io, dal mio piccolo, anzi piccolissimo, dico che Ibra ha bisogno di rasserenarsi e ricaricarsi dopo ogni partita. Da qui a fine stagione. Non tanto per un fatto fisico, quanto per un aspetto mentale. Siccome dopo questa seconda settimana “piena” di lavoro ricomincerà il tour de force con le gare infrasettimanali di coppa, io dico che sarebbe il caso di chiedere a Ibra di rinunciare alla coppa e dedicarsi esclusivamente al campionato. Con ciò non voglio dire che bisogna “snobbare” l’Europa League, anzi. Ma sarebbe bello se Ibra potesse concentrarsi e caricarsi solo per le gare di campionato. Tanto più che in mezzo alle due sfide contro la Stella Rossa c’è un derby che dopo 10 anni esatti torna a valere per lo scudetto. E allora mi auguro davvero che Pioli e soprattutto Maldini possano convincere lo svedese a saltare la coppa e tirarsi a lucido per la sfida all’Inter. E perché no, in Europa League potrebbe essere un’idea far partire titolare Mandzukic. Onde evitare lo stesso errore commesso in quella maledetta primavera del 2012. Quella che dicevamo prima, in cui perdemmo scudetto, Champions League e molti anni di futuro rossonero. Facendo tesoro anche della serata di Coppa Italia contro l’Inter, la mia proposta dunque è proprio questa: da adesso in poi Ibra in campionato e Marione in Europa League. Se vogliamo la stessa cosa che fece Carletto Ancelotti nel magico 2007, quando schierava Ronaldo in campionato e Inzaghi in Champions. Non finí per niente male…

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