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Il bello e il brutto di Ibra

Nel derby di ieri c’è tutto Zlatan Ibrahimovic. Nel bene e nel male. Un primo tempo giocato da grande trascinatore e da straordinario attaccante impreziosito da un assist perfetto e da un gol meraviglioso. La sua “torre” che sovrasta i due difensori interisti smarcando Brahim Diaz solo davanti al portiere é una giocata d’altri tempi. Il suo gol con dribbling, finta e soprattutto il tempismo perfetto nell’attendere che la palla sia proprio sull’angolo di tiro libero è un pezzo di altissima scuola. Al 45esimo minuto il Milan di Ibra sta vincendo un altro derby e sta eliminando l’Inter dalla Coppa Italia con un suo gol. Lo svedese dovrebbe essere il giocatore più soddisfatto e sereno del mondo.
Ed è proprio lì che succede quello che non ci si aspetta, quello che un vero grande leader non dovrebbe fare mai. Ibra che non c’entra niente e si trova dall’altra parte del campo si infila nelle proteste di Lukaku e ingaggia un duello rusticano con il gigante belga. Testa contro testa, insulti multilingue, minacce e vendette che rievocano trascorsi inglesi: il tutto concluso da un bel “ti aspetto negli spogliatoi”. Una pessima scena che non rende giustizia ai due simboli sportivi di una Milano che finalmente è tornata ai vertici del calcio italiano. La domanda è: ma perchè Ibra ha dovuto entrare in questa gazzarra? Che senso aveva prendere quel giallo? Perché innervosire se stessi, i compagni, l’arbitro e gli avversari in una serata che aveva preso la piega giusta? La risposta non c’è.
Ibrahimovic e Lukaku, Inter-Milan - MilanPress, robe dell'altro diavolo
Ibrahimovic e Lukaku, Inter-Milan – MilanPress, robe dell’altro diavolo
Invece purtroppo l’effetto sì. La differenza è che Lukaku torna in campo sereno e concentrato sul match, mentre Ibra si ripresenta ancora alterato, nessuno è riuscito a calmarlo. Il risultato è la classica perdita di lucidità. Proprio quella che manca quando lo svedese rincorre inutilmente un avversario a metà campo, già marcato da Diaz. Proprio quello che manca quando Ibra, già ammonito, affonda il colpo sotto gli occhi di Valeri e si becca il “rosso” che stravolge la partita e consegna la qualificazione nelle mani dell’Inter. Purtroppo negli occhi di tutti scompare il meraviglioso gol del vantaggio e rimane solo l’ennesimo peccato di nervosismo della carriera di un campione inarrivabile che non si è mai consacrato del tutto forse proprio per questa sua mancanza di autocontrollo. Intendiamoci: i milanisti tutti devono essere grati a Ibra che in un solo anno ha trasformato un’armata Brancaleone in una vera squadra dentro e fuori dal campo.
L’importanza di Ibra nella storia del Milan non si discute: se il Milan a oggi è primo in classifica lo deve soprattutto al suo gigante quasi quarantenne. Ma purtroppo, a dieci anni di distanza, dobbiamo constatare che alcune storture del carattere di Ibra non sono cambiate. Dobbiamo toccare con mano ancora una volta che a un certo punto della stagione il motore di Ibra va fuori giri. E non c’è età che tenga. E non c’è maturità che tenga. Lo svedese si descrive come più maturo e più razionale. Si ritiene ormai un vero e proprio uomo squadra. Ma il vero uomo squadra non abbandona i suoi ragazzi nel momento clou di un derby da dentro-fuori. Il vero leader si vede soprattutto nelle difficoltá. E questo lo avevamo giá detto e scritto criticando duramente la sua pubblica dichiarazione all’indomani della batosta incassata dall’Atalanta.
Dall’Ibra leader maturo ci saremmo presi un’assunzione delle colpe del gruppo dopo lo 0 a 3 casalingo, non lo scarico di responsabilità nei confronti di allenatore e compagni. Già quella ci sembrava la classica avvisaglia dell’Ibrahimovic che spesso nelle fasi clou delle stagioni iniziava e inizia a perdere la bussola e il controllo. Ibra è un campione, ma purtroppo arriva a un punto della stagione in cui non riesce più a gestire la pressione che applica su di sé e su chi gli sta attorno. Gli è capitato spesso. Anche nelle stagioni che poi si sono rivelate vincenti. Gli è capitato alla Juve, quando si è fatto squalificare per 3 giornate e ha saltato la sfida scudetto contro il Milan. Gli è capitato all’Inter quando se n’è andato in Svezia in piena corsa scudetto o quando ha rotto con la Curva. Gli è capitato al Barcellona quando è finito in panchina e ha litigato con Messi. Gli è capitato al Milan quando si è beccato le solite 3 giornate e ha saltato il match scudetto contro l’Inter oppure quando l’anno dopo si è messo contro Allegri e mezzo spogliatoio a seguito dell’eliminazione della Champions.
È come se a un certo punto l’irrazionalità prendesse il sopravvento sulle sue straordinarie doti e sulla sua grande qualità di trascinatore. È come se a un certo punto non si controllasse più. Si sperava che con gli anni si fosse calmato. E invece no. La storia di Ibra insegna che l’unico modo per farlo uscire da questi momenti di nervosismo è uno stop forzato. Che spesso è arrivato direttamente dal giudice sportivo. Mi auguro che stavolta sia Paolo Maldini, l’unico che può farlo, a parlarci e a far sì che ritorni sereno. Pronto e disponibile a essere lo straordinario trascinatore di quest’incredibile annata rossonera. Altrimenti rischia di rovinare sul più bello l’encomiabile lavoro svolto da lui e dalla squadra che lo ha seguito in tutti questi mesi. Piccola parentesi della serie “col senno di poi”: alla vigilia di questo derby di Coppa Italia mi ero permesso di dire che ci sono momenti delle stagioni in cui un club deve fare dei calcoli, stabilire delle priorità e operare delle scelte. Nel famigerato 2012 il Milan era in corsa per vincere Scudetto, Champions e Coppa Italia con tante partite ravvicinate ogni 3 giorni.
Il buon senso avrebbe suggerito di lasciar perdere la Coppa Italia anche se si giocava contro la Juve. E invece Allegri, su input della società che peccò di “ingordigia”, schierò a Torino Ibra e Thiago. Uno si innervosì, l’altro si infortunò e quella scelta strategica sbagliata si rivelò determinante nel prosieguo della stagione in cui Milan non vinse nulla. Memore di quel maledetto crocevia, il sottoscritto, due giorni fa aveva auspicato un turnover più ampio in vista del derby, proprio per non far andare fuori giri Ibra e per non forzare i delicati muscoli di Kijaer. Guarda caso, proprio come 9 anni fa, Ibra si è innervosito e il danese si è infortunato. E come 9 anni fa, il Milan è uscito lo stesso dalla coppetta nazionale. Alla fine, quest’ultimo è il minore dei mali. Almeno per 20 giorni il Milan tornerà ad avere la settimana intera per preparare le sfide di campionato e saranno invece Inter e Juve ad affrontarsi ripetutamente. Questo è il vero bicchiere mezzo pieno dell’eliminazione. Quello mezzo vuoto è un Kjaer da recuperare fisicamente e un Ibra da rigenerare mentalmente. Da qui, come 9 anni fa, passerà l’esito della stagione del Milan.

Non perdere l’approfondimento in collaborazione con MilanPress su Cristiano Ruiu TV: https://youtu.be/WcKbhDRA5cU

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