Tanto tuonò che piovve. Ormai nessuno nel clan Milan può restare indifferente a quello che è stato il lavoro di Stefano Pioli, che ha portato e che continua a portare i suoi frutti in questo prolungato post lockdown. Detto dei risultati e dei numeri registrati – 20 punti in otto partite, 25 gol segnati, 14 marcatori stagionali e miglior ruolino dalla ripresa del campionato insieme all’Atalanta -, sta diventando anacronistico pensare al futuro rossonero senza di lui. Come se non bastasse, ecco piovere attestati di stima dagli addetti ai lavori e dai suoi giocatori. “Darò sempre il massimo per Pioli perché è una grande persona e un grande allenatore. Sono contento di quello che stiamo facendo in questo periodo: stiamo veramente alla grande e spero di riuscire a raggiungere nuovi obiettivi con il mister”. Donnarumma spartiacque in tal senso.
Rangnick e Pioli, Sacchi dice che…
A ruota, la benedizione di Arrigo Sacchi: “Conosco Stefano da tempo, l’ho sempre stimato come un’ottima persona, lo pensavo un tecnico bravo ma non moderno. Oggi non solo possiede valori professionali e umani di altissimo livello, mi sta stupendo per i miglioramenti che è riuscito a ottenere in pochi mesi dai propri giocatori e per le idee che hanno permesso questa trasformazione. Stefano è il grande protagonista di questa identità di gioco che certifica la crescita sua e dei suoi giocatori. Se non rimarrà non avrà problemi a trovare altre panchine”. Una benedizione non casuale, quella di un pezzo di storia del primo Milan berlusconiano, proprio nei giorni in cui Ralf Rangnick ha ammesso di essere “pazzo” di lui e di aver “fuso un videoregistratore” a furia di rivedere le immagini delle sue squadre.
Rangnick e Pioli, il “suggerimento” di Rebic
Fuori dal coro, le parole di Ante Rebic che, nell’esprimere apprezzamento per Ibrahimovic, porge l’altra guancia proprio a Rangnick: “Avevo fatto bene al Mondiale in Brasile, così lui, che era a capo della divisione calcistica della Red Bull, chiama il mio procuratore e gli dice che mi vuole. Viene apposta a Firenze: “Benvenuto alla Red Bull. Scegli: vuoi giocare nel Salisburgo o nel Lipsia?”. Scelgo il Lipsia: era nella seconda divisione tedesca, ma il progetto che mi illustrò Rangnick era importante e i fatti gli hanno dato ragione. Però anche lì gioco poco perché l’allenatore, Alexander Zorniger, aveva un suo gruppo di giocatori fidati nel quale non c’era spazio per i nuovi”. Qui il problema non si porrebbe: Pioli già si fida di lui. Un motivo come un altro, insomma, per non considerare utopistica l’accoppiata Rangnick-Pioli all’alba di una nuova stagione zero.