Non è stata una sosta felicissima per Christian Pulisic. L’11 rossonero ha lasciato per due settimane il suo Club, nono in classifica, per raggiungere una Nazionale sconfitta da Panama prima e Canada poi davanti al pubblico di casa. Nonostante una stagione mostruosa a livello statistico, c’è molta sfortuna per il classe 1998.
Con gli Stati Uniti non ha giocato i 180 minuti attesi, perché il C.T. Pochettino ha capito che la finale 3°/4° posto si poteva disputare anche senza il migliore. Con 140 minuti circa in campo, l’esterno torna a Milanello tra i zero gol e gli zero assist…e con qualche dibattito in più su di lui. Portato avanti tra l’altro da Thierry Henry, uno che di calcio ne ha mangiato grazie a diversi punti di vista.
Secondo la leggenda francese: “Io credo che Christian Pulisic sia veramente un grande giocatore, per la prima volta sta giocando con regolarità in una buona squadra in Europa, ma dovete fermare questa narrativa sulla leadership, non dovete forzarlo ad essere ciò. È un leader tecnico. È il giocatore che sarà vocale nel campo quando le cose non vanno bene o che fa un tackle per farsi seguire? Non è quel tipo di giocatore. È molto bravo in tante cose, ma magari non ha quel tipo di leadership e va bene così, basta renderlo qualcosa che non è. Quando succede, vengono sottolineate le sue debolezze, ma perché non focalizzarsi su quello che sa fare bene? È un grande giocatore, serve farlo giocare nella posizione in cui può essere più efficace“.
Ed è un discorso interessante, perché lo stesso Pulisic conferma: “Sento che per raggiungere quel livello e rimanerci devi avere un certo livello di sicurezza. A volte sento che mi manca“, confidandosi nel suo documentario. Allora si va avanti meno di parole, più di gesti tecnici. Ci può stare nell’anno delle 27 candeline? La sua formazione calcistica si è completata? O si deve pretendere di più da uno dei giocatori migliori al mondo?
La tesi di Henry può essere corretta, ma in un discorso simile va sempre fatta un’antitesi che porta alla costruzione del dibattito. Basta guardare il Milan, quello che viene definito come il suo Club “della vita” da alcuni addetti ai lavori grazie all’importante stagione che sta avendo a livello personale (e che lo porterà a rinnovare per la felicità di tutti).
Come dice l’ex Arsenal: “Non ha quel tipo di leadership quando le cose vanno male“. A memoria basta rivedere la partita di Lecce o quella contro il Como, citando solo le ultime due del Diavolo. Pulisic timbra quando le cose non vanno male, ma malissimo. E si porta i tifosi infelici e il resto della squadra in spalletta.
Se le cose andranno come previsto, il Milan perderà uno tra Maignan, Theo Hernandez o Leao nel prossimo mercato. Ed è lì che dovrà intervenire vocalmente Chris negli spogliatoi, uno che comunque di gavetta vincente se l’è fatta e che indossa la fascia di capitano rappresentante di 340 milioni di persone.
Giusto quindi fermare la narrativa della leadership? O Pulisic, rimanendo sul tecnico, prenderà le cose di petto e innalzerà il livello di ciò che lo circonda? Un argomento davvero intricato ma che suscita i diversi punti di vista. E già questa è una piccola vittoria mediatica per Captain America. Anzi, no. Non chiamatelo più così, che gli dà fastidio.
