A conti fatti si è trattato di un rinnovo meritato per i risultati ottenuti sul campo, soprattutto post lockdown, col suo Milan unica squadra (insieme all’Atalanta) imbattuta in dieci partite di Serie A e capace di battere, tra le altre, Roma, Juventus e Lazio. Con buona pace di Ralf Rangnick, dunque, Stefano Pioli ha moltissimi meriti, anche per l’evidente crescita dei rossoneri, capaci di esprimere un ottimo calcio grazie al suo 4-2-3-1.
Questa mattina, però, il quotidiano Repubblica, mette in evidenzia un dato non troppo edificante per l’attuale tecnico rossonero in vista del futuro. Pioli, infatti, raramente è riuscito a confermarsi nel secondo anno consecutivo da allenatore della stessa squadra. L’esempio principale è la Lazio: nel 2014-15 Pioli fece un’impresa, riportando in Champions League i biancocelesti dopo più di sette anni. Ma l’anno dopo, il crollo: Lazio fuori dai preliminari, risultati deludenti in campionato ed esonero ad aprile.
Situazione simile anche alla Fiorentina: nel ’17-’18 Pioli guidò i viola nell’anno della tragica morte di capitan Astori, riuscendo a compattare il gruppo e ottenendo buoni risultati. La stagione seguente, anche a causa degli scarsi risultati, Pioli rompe con la famiglia Della Valle e si dimette. Al tecnico parmense il compito di sfatare questo tabù, facendo il massimo sulla panchina del Diavolo.