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Un anno e mezzo di Pioli: l’identità c’è, l’ultimo step si chiama costanza

Due trasferte in una settimana. Roma e Verona. Due sfide delicate. Per la classifica e per il valore degli avversari. Nel mezzo, un bel po’ di infortuni. Compreso quello di Zlatan Ibrahimovic. E un mare di pettegolezzi (o presunti tali) sulla presenza dello svedese a Sanremo. Poi lo stop di Theo Hernandez. Risultato: sei punti pieni in due partite con una crescita, a tratti sorprendente, dei cosiddetti “gregari”: dalla coppia Krunic-Dalot, che ha messo il timbro al Bentegodi, a Meitè e al confermatissimo Tomori. Ma cosa ci dice la vittoria con l’Hellas? Il Milan è vivo, nonostante tutto e tutti.

Il merito di questo carattere va totalmente attribuito al suo condottiero, quel silenzioso Stefano Pioli che ha sempre predicato la necessità di archiviare subito le vittorie e gli errori del passato per guardare avanti. E per una volta, guardando avanti, è l’Inter domani sera con l’Atalanta ad avere la pressione addosso di portare a casa i tre punti per non accorciare il divario dal Milan e dalla Juventus. E’ la vittoria di Pioli che raccoglie i frutti di un anno e mezzo di lavoro e quelli più belli sono l’identità e il carattere. Nonostante gli uomini, insomma, l’allenatore può influire eccome. Il bello della sfida con l’Inter passa anche dall’impronta dei tecnici, con tutte le loro evidenti differenze caratteriali.

Ora arriva il Manchester United. E’ una di quelle sfide che profumano di Champions League più che di Europa League. Sarà un altro test per misurare il grado di maturazione del gruppo che continua a sfoderare grandi qualità nei singoli e al quale manca solo ritrovare quella costanza che ha permesso oggi di celebrare il Milan quale quarta squadra europea (dopo Manchester City, Bayern Monaco e Real Madrid) ad aver raccolto cento punti dal 1 gennaio 2020, data considerata un po’ come spartiacque tra il pre Covid e l’emergenza che viviamo ancora.

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